Un figlio ad ogni costo? Il dibattito sulla maternità surrogata torna d’attualità con il lockdown

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l dibattito sulla maternità surrogata – la forma di procreazione assistita in cui una donna provvede alla gestazione per conto di altri – è tornato d’attualità durante il lockdown. Anche grazie a un video shock, pubblicato ad aprile sui social network, che ha scatenato scalpore in tutto il mondo.

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Decine di bambini, allineati in una nursery improvvisata nella hall di un hotel di Kiev. Sono tutti nati da madri surrogate in Ucraina, delle gestanti a pagamento su commissione di cittadini di tutto il mondo: America, Italia, Spagna, Cina, Francia, Germania, Bulgaria, Romania, Austria, Messico e Portogallo. I loro genitori (committenti), impossibilitati a viaggiare durante il lockdown, non hanno potuto recuperarli per diverse settimane o addirittura mesi.

 

Per approfondire:

Maternità surrogata in Ucraina e coronavirus: quando la più grande gioia arriva nella pandemia

Girato dalla principale agenzia per la procreazione assistita ucraina – la Biotexcom -, il video ha riacceso le polemiche sulla maternità surrogata commerciale.

Nella sede della società a Kiev, che registra più di 300 nascite all’anno, potenziali madri surrogate provenienti da tutto il Paese, vi si recano ogni giorno, per lasciare la propria candidatura. Una fabbrica di bambini, accusano i detrattori.

Il proprietario, Albert Tochilovsky, si vanta essere l’unico in Europa a garantire risultati ai clienti. “Alcune coppie scelgono il sesso del bambino”, spiega a Euronews. “E’ proibito in molti Paesi dell’Unione Europea, ma qui non abbiamo limiti. Speriamo che la legge permetta l’uso di tecnologie più avanzate come la CRISPR, per scegliere anche il colore degli occhi o alcune qualità del bambino”.

Spesso accusato di pratiche senza scrupoli, l’uomo è stato al centro di diverse indagini giudiziarie. Ma ha una risposta ad ogni critica: “Interi Paesi avevano vietato la fecondazione in vitro. E ora dicono che entro il 2025 un bambino su tre nascerà in provetta. Stiamo entrando nell’economia post-industriale. La maternità surrogata, i chip nel cervello: questo è il futuro.”

Una pratica illegale quasi in tutta Europa

La maternità surrogata è severamente vietata in otto Paesi europei. Tollerata in altri, per mancanza di leggi, è legale solo in Regno Unito e Grecia su base non commerciale, cioè in “forma altruistica”. Insieme alla Russia, l’Ucraina è uno dei pochi Paesi in cui la maternità surrogata commerciale è legale. Una destinazione che le agenzie specializzate pubblicizzano, come più accessibile e soprattutto meno costosa rispetto agli Stati Uniti, Paese di riferimento per la maternità surrogata internazionale.

Negli ultimi cinque anni in Ucraina oltre 4.000 bambini sono nati da una maternità surrogata, il 90% dei quali da genitori stranieri. Una situazione che, secondo il commissario per i diritti dei bambini in Ucraina, Mykola Kuleba, sfrutta e viola diritti di donne e bambini.

Anche se legale, la maternità surrogata è scarsamente regolamentata e aperta quindi alle cattive pratiche di agenzie e intermediari, che prosperano nel Paese. “L’Ucraina è diventata un supermercato per la maternità surrogata”, dice ai nostri microfoni. “Il bambino è diventato una merce, la donna è un’incubatrice, che deve portare questo prodotto per qualcuno. Se i clienti durante la gravidanza decidono di non volere più il bambino, la donna deve abortire e restituire i soldi. Se partorisce il bambino e i clienti non vogliono prenderlo, è obbligata a lasciarlo in un orfanotrofio, perché non ha alcun diritto sul bambino”.

Cosa porta una donna a diventare madre surrogata?

Se la voglia di avere un bambino, quando impossibilitati, è comprensibile per molti, in tanti si chiedono cosa spinga una donna a portare in grembo per nove mesi un figlio che non sarà mai suo.

Ce lo spiega Olga Kicena, allenatrice e campionessa di body building, che vive a Vinnycja, a circa 300 km da Kiev. Olga ¨è anche la madre surrogata di un bambino, che ha partorito a luglio per una coppia cinese. L’unica tra le madri portanti che abbiamo contattato, che ha accettato di parlarci a volto scoperto.


Olga e la figlia tredicenne

In nessun momento si è sentita sfruttata e il monitoraggio medico è stato impeccabile, ci dice. La maternità surrogata è stata per lei un modo di cambiare la sua vita e quella della figlia tredicenne. “Ho fatto questa scelta per non dover vivere più con mia madre e per comprarmi una piccola casa”, racconta. “Altrimenti avrei dovuto lavorare ancora per molto tempo qui, o andare a lavorare all’estero. Non volevo lasciare mia figlia con la nonna o con qualcun altro, quindi non ho esitato troppo e ho scelto di entrare in un programma di maternità surrogata. Così, in un anno, ho potuto comprare una piccola casa”.

Una scelta fatta per ragioni economiche, ma che ha poi trovato una spiegazione più profonda con il tempo: “All’inizio l’ho fatto per i soldi, è vero. Ma una volta rimasta incinta, ho sentito che stavo creando una famiglia per qualcuno. E il mio modo di vedere le cose è cambiato. I soldi vanno bene, ma dare la vita a qualcuno è ancora meglio”.

Per Olga è stato “naturale” separarsi dal bambino dopo 9 mesi: “Non ho avuto sentimenti materni o emozioni, per tutta la gravidanza, sapevo che avrei dovuto darlo via”, dichiara ai nostri microfoni. “Ho una figlia mia, che amo e per la quale provo emozioni. Avevo solo senso di responsabilità. Portavo in grembo il figlio di qualcun altro per 9 mesi e dovevo ridarglielo. Certo è bello quando lo vedi, è molto emozionante. Ma avevo capito che questo bambino era di qualcun altro, che aveva un papà e una mamma”. E la figlia tredicenne di Olga, Alisa, condivide totalmente la scelta della madre.

Pochi giorni dopo la nostra intervista, i genitori del bambino nato da Olga, bloccati a Wuhan per due mesi a causa della quarantena, sono finalmente riusciti a prendere in braccio il loro neonato. Zhu, il padre, è riconoscente a Olga per questo dono: “La ringraziamo molto. La chiamiamo mamma amorevole, non madre surrogata. Lei ci ha aiutato a raggiungere questo obiettivo. Avere un figlio. Le siamo molto, molto grati”.

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Zhu e la compagna abbracciano il figlio dopo una lunga attesa, a causa della pandemia

“A volte la gente pensa che rubiamo il figlio di qualcuno”

In Francia molte coppie hanno scelto la maternità surrogata in Ucraina. Céline e Maxence Roussel sono agenti immobiliari e sono sposati da 10 anni. In seguito alla scoperta dell’infertilità di Céline, la coppia ha cercato per anni di avere un figlio con la tecnica della riproduzione assistita. Dopo molti tentativi falliti di inseminazione artificiale e fecondazione in vitro, restava solo la maternità surrogata.

La coppia quest’estate è partita per l’Ucraina per avviare la procedura con un’agenzia che, secondo loro, ha fornito garanzie di serietà e sicurezza, sia per loro che per la madre surrogata. “Chiunque possa pensare che, qualunque sia la situazione, basti pagare e questo è sufficiente per avere un bambino, si sbaglia. Non è affatto così”, dice Maxence. “Bisogna avere un problema reale e ragioni mediche, per poter accedere alla maternità surrogata in Ucraina”.

Non si tratta di comprare una madre surrogata o un servizio, perché ci devono essere vere ragioni mediche alle spalle, come ci spiega Céline: “Per lui, che dona il suo sperma, c’è un controllo sanitario e per me, ci deve essere un certificato medico che provi che sono sterile e incapace di partorire. Ho l’impressione che a volte la gente pensi che rubiamo il figlio di qualcuno. Questo è completamente falso. Perché non è in alcun modo il figlio della madre portante. Non è in alcun modo la madre, perché non è il suo patrimonio genetico. Sono gli ovociti della madre committente, quando possibile, o di una donatrice quando è necessario un donatore. Ma non sono gli ovociti della madre surrogata”.


Céline e Maxence, la coppia francese che ha scelto la maternità surrogata

Céline e Maxence hanno chiesto un prestito per realizzare il loro sogno, che costerà circa 70.000 euro. Ma né il prezzo né la legge avrebbero potuto dissuaderli.

Secondo loro la maternità surrogata dovrebbe essere legalizzata in Europa, così come lo sono le altre tecniche di procreazione assistita: “Per me, la maternità surrogata è una tecnica di procreazione assistita come tutte le altre”, dichiara Céline. “Ci sono donne che nascono senza utero o con gravi anomalie uterine. Perché dovrebbero essere penalizzate, quando altre coppie, donne che hanno problemi con la qualità degli ovociti o uomini che hanno problemi con la qualità dello sperma, possono essere aiutate?”.

La maternità surrogata, linea rossa da non oltrepassare

La posizione di chi si oppone alla maternità surrogata è chiara. Denunciano un mercato che sfrutta le donne e sfida la nozione di filiazione tradizionale. Argomenti condivisi da parte della classe intellettuale francese.


Le proteste contro il disegno di legge sulla bioetica, Parigi marzo 2020

René Frydman è il ginecologo più famoso di Francia. Padre scientifico del primo bambino nato con la fecondazione in vitro nel Paese, 38 anni fa, si è battuto per il diritto di donne single e coppie lesbiche di accedere alla procreazione medicalmente assistita. Ma la maternità surrogata è una linea rossa da non oltrepassare: “Per uno come me, che ha alle spalle migliaia di parti, che ha visto e vissuto quel momento, la persona che partorisce è la madre”, ci dice il medico. “E quando si entra in un sistema commerciale, ciò significa organizzazione, intermediari e sfruttamento. Quindi preferisco concentrare i miei sforzi sul miglioramento delle tecniche di procreazione assistita e sulla ricerca medica perché ci sia meno sterilità”.

Per il ginecologo, la medicina non può e non deve risolvere tutto: “Non si può sopravvalutare la genetica. Non sempre abbiamo la risposta e non possiamo dare una risposta a tutto o a tutti”, spiega Frydman. “Il 40% delle coppie che viene da noi non avrà mai il figlio che desidera. Dobbiamo anche accettare il fatto che non possiamo fare tutto ad ogni costo. La ricerca continua. Ad esempio, stiamo sviluppando il trapianto di utero. Non sarà una soluzione per tutti, è complicato. Da dove viene l’utero? Chi lo dona? Tutto questo non è facile, ma almeno non si tratta di una pratica commerciale”.

Nel nuovo disegno di legge sulla bioetica, approvato dall’Assemblea nazionale francese, non si parla di revoca del divieto di maternità surrogata.

Un nuovo emendamento, tuttavia, conferma l’obbligo per i cosiddetti committenti, che non hanno alcun legame biologico con il figlio nato da una maternità surrogata all’estero, di passare attraverso una procedura di adozione, per essere riconosciuti come genitori legali.

La battaglia di Sylvie e Dominque, che ha scritto la storia

Sylvie e Dominique Mennesson hanno lottato per 19 anni, per essere riconosciuti come genitori legali delle figlie gemelle, nate attraverso la maternità surrogata negli Stati Uniti. Il certificato di nascita americano delle figlie non è stato riconosciuto dai tribunali francesi.

Sylvie, che ha dovuto ricorrere alla donazione di ovuli a causa di una malformazione, non è stata riconociuta come madre. L’unica opzione era l’adozione. Ma la coppia si è sempre rifiutata. “È una discriminazione tra uomo e donna, tra padre e madre”, spiega ai nostri microfoni Sylvie. “Dire che l’unica madre possibile sia quella che partorisce, è tornare indietro di secoli. È una sacralizzazione del parto, a scapito dell’educazione dei figli, dell’avere figli desiderati, dell’essere all’origine della nascita, di essere quella che viene chiamata madre d’intenzione. E questo per noi non era accettabile”.

Ci sono voluti anni di procedimenti legali e una sentenza contro la Francia da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo, per far riconoscere finalmente la coppia come genitori legali. Un caso da manuale.

Decine di cosiddetti genitori d’intenzione hanno da allora beneficiato della trascrizione integrale dei certificati di nascita dei loro figli, nati da una madre surrogata all’estero. Ma il nuovo disegno di legge potrebbe rendere nuovamente obbligatoria l’adozione.

Secondo la coppia transalpina, si tratta di un tentativo di punire i bambini, per far credere che questo impedirà ai francesi di andare all’estero. “Pensano che sia un deterrente. In realtà non lo è affatto”, dichiara Sylvie. “Perché le persone, quando vogliono dei figli, sono pronte a scalare montagne, farebbero di tutto per questo. Ciò che conta sono i diritti dei bambini. Non è normale che siano discriminati. Le nostre figlie sono state chiamate per anni ‘bambine fantasma’, ‘fantasmi della Repubblica’. Erano qui, ma non c’erano e non esistevano da nessuna parte nei registri. E questo complica la vita quotidiana. Non è normale nemmeno dover andare all’estero per avere figli. La Francia potrebbe benissimo organizzarsi qui in patria, su base volontaria altruistica. Per fermare tutti questi delinquenti, queste agenzie che vengono da chissà dove, che ingannano le coppie e dicono loro bugie”.


Sylvie, Dominique, le due figlie gemelle e la madre surrogata

L’esperienza di maternità surrogata diventa “un’avventura umana”, come ci spiega Dominique: “Si tratta di relzioni umane. Siamo rimasti grandi amici della meravigliosa donna che ci ha aiutato. Perché è una persona che conta davvero nella nostra vita, per quello che ha fatto. E anche noi contiamo molto per lei, perché insieme abbiamo fatto qualcosa di straordinario”.

Un sentimento condiviso dalle due figlie che, come i genitori, vogliono che la maternità surrogata sia legalizzata. “Il fatto di essere nata da una madre surrogata non ha avuto un’influenza sulla mia vita”, ci racconta Valentina Mennesson. “Piuttosto, la ha avuta il fatto che i miei genitori fossero sempre nel mezzo di una battaglia legale, avevano sempre appuntamenti, perdevano più tempo a occuparsi dei nostri documenti, piuttosto che a occuparsi di noi. Per loro è stato estenuante, perché erano loro quelli in prima linea. E per noi, perché li vedevamo sempre esausti, arrabbiati e frustrati. La maternità surrogata, quando viene fatta in un Paese dove è regolamentata e controllata, è una soluzione. Porta felicità a una famiglia che non può avere figli, che è sterile. E questa è l’unica soluzione possibile”.

Dare alla maternità surrogata un quadro giuridico che possa proteggere tutte le parti interessate – bambini e adulti – è quanto chiedono un centinaio di personalità francesi.

Tra loro, Geneviève Delaisi de Parseval, psicoanalista ed esperta di bioetica, per la quale il modello tradizionale di genitorialità deve essere riconsiderato: “La nostra società è in continuo cambiamento. Eppure, c’è un blocco sulla procreazione, in un momento nel quale, allo stesso tempo, tutti vogliono dei figli”, dichiara la psicoanalista. “Penso che si possa vivere senza figli, ma tutti vogliono un figlio. Quindi dobbiamo fare in modo che questi bambini nascano nelle migliori condizioni possibili. Queste non sono storie banali o eccessivamente complicate, ma sono comunque complesse. Credo che ciò che conti per un bambino è che sia stato desiderato, rispettato e che tutti siano rispettati, anche le madri surrogate. Non si deve confondere un gamete con un essere umano. Lo psicoanalista non si preoccupa dei gameti. È l’essere umano che conta”.

Il lieto fine di Andrea, Gianni e Anna

Anche in Italia la maternità surrogata è vietata. Andrea Simone e Gianni Tofanelli vivono a Milano con la figlia di 6 anni, Anna. Si sono sposati nel 2013 negli Stati Uniti, prima che l’unione civile per coppie dello stesso sesso fosse autorizzata in Italia. È lì che sono riusciti a creare una famiglia, attraverso la maternità surrogata. “Per noi è stato il coronamento di un sogno d’amore”, racconta a Euronews Andrea. “Se qualcuno mi chiedesse ‘qual è stato il giorno più bello della tua vita?’, direi il 2 agosto 2014, quando è nata lei. Finalmente il desiderio realizzato di essere diventati una famiglia a tutti gli effetti”.


Andrea, Gianni e la piccola Anna

Ci è voluto un anno di battaglia legale perché Andrea e Gianni ottenessero la trascrizione del certificato di nascita della figlia, che li riconosce entrambi come genitori legali di Anna.

“Per noi, la situazione sembra essere arrivata al lieto fine”, spiega Gianni. “Purtroppo ci sono ancora delle sentenze che sono, al momento, in corso di revisione, presso la Corte Europea dei diritti dell’uomo, perché situazioni come nostra al momento sono congelate. Quindi ci sono dei bambini che hanno due genitori nella realtà, nel sociale, per loro, per i compagni di scuola, per i vicini, per tutti… ma non sono riconosciuti legalmente”.

“Due uomini e una culla” è il libro che Andrea ha scritto. Per smuovere le coscienze, ma anche per il bene di Anna. “Voglio che un giorno possa leggerlo e capire la sua storia”, spiega l’uomo. “Credo che la cosa più importante sia trasmetterle la maggior quantità di amore possibile. Il messaggio più importante che deve passare è il fatto che la nostra è una famiglia piena d’amore”.

la Fonte:
https://it.euronews.com/2020/09/25/un-figlio-ad-ogni-costo-il-dibattito-sulla-maternita-surrogata-torna-d-attualita-con-il-lo