Pma, ogni anno nascono 350mila bambini ma solo un ‘ciclo’ su tre va a buon fine
Il punto sulla procreazione medicalmente assistita al congresso della Società di riproduzione umana che riunisce a Londra 9 mila esperti. Il 71% degli interventi si registra in Europa. Dal 1978, anno della prima fecondazione in provetta, sono 5 milioni le nascite ottenute
Una donna in attesa guarda l’immagine dell’ecografia LONDRA – Una coppia su sei nel mondo non riesce a procreare. Si stimano nel mondo in 350 mila i bambini nati ogni anno con la “procreazione medicalmente assistita” o Pma (questa la definizione scientifica). Dal 1978, anno del primo “nato in provetta”, ammontano a 5 milioni. L’Europa è in testa con oltre mezzo milione di embrioni generati al di fuori del corpo ogni anno che avviano, in media, una gravidanza nel 30% dei casi.
Sono i dati salienti del rapporto della Società Europea di embriologia e riproduzione umana (Eshre) riferiti al 2009, il più recente, che delineano gli orizzonti dell’appuntamento annuale della società che riunisce a Londra circa 9mila tra ricercatori e medici.
Gli ultimi dati raccolti dalle varie società nazionali rilevano ancora un lieve ma costante aumento della infertilità (nessuna gravidanza dopo un anno di rapporti non protetti secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità). La causa risiede nell’uomo nel 20-30% dei casi, nelle donne nel 20-35%, in ambedue nel 25-40% dei casi. Nel 10-20% non viene trovata alcuna causa. L’infertilità si riscontra più di frequente in chi fuma, è obeso o colpito da stress. Ma la condizione che più spesso si riscontra in una coppia infertile è l’età avanzata della madre, e cresce in proporzione con l’avvicinarsi della menopausa. Non a caso la maggior parte dei trattamenti di Pma è su donne di età compresa tra 30 e 39.
L’Europa continua ad essere il continente dove si realizza la stragrande maggioranza dei cosiddetti “cicli”. Nel gergo tecnico il “ciclo” è questa sequenza di operazioni: 1- somministrazione alla donna di una dose “generosa” di ormoni per indurre l’ovulazione; 2 – prelievo degli ovuli maturi con un piccolo intervento; 3 – fecondazione con gli spermatozoi “in vitro” con varie tecniche; 4 – generazione degli embrioni; 5 – impianto di uno o più embrioni nell’utero.
Il 71% di tutti i cicli di Pma registrati nei diversi Paesi del mondo (esclusa l’Asia) avvengono in Europa. Nel 2009, l’ultimo anno per il quale sono disponibili dati, 537.287 cicli di trattamento sono stati riportati da 33 paesi europei. Enorme il distacco dagli Stati Uniti, dove ne sono stati registrati 142.435 cicli e dai 56.817 cicli di Australia e Nuova Zelanda insieme. Quest’ultimo dato in Europa è superato da Francia (74.767 cicli) e Germania (68.041). Seguono, pur essendo comunque tra i paesi europei che più ricorrono alla Pma, Spagna (54.266), Regno Unito (54.314) e Italia (52.032).
Anche se vi sono segni di rallentamento, il numero di cicli eseguiti in molti paesi sviluppati ha una crescita del 5-10% annuo. Ancora bassa l’efficacia della Pma: dei circa 1,5 milioni di cicli eseguiti ogni anno in tutto il mondo, hanno successo, con la nascita di un bimbo, circa 350.000.
Un indice di efficacia è il numero di embrioni che si ritiene utile impiantare per far sì che almeno uno si impianti nell’utero e dia il via alla gravidanza. La media generale è scesa agli attuali 2,14 embrioni a impianto. Ma continuano ad esistere ancora grandi differenze tra i Paesi nel numero di embrioni impiantati e, di conseguenza, nel numero di nascite multiple. La Svezia appare il Paese dove la Pma ha raggiunto la maggiore efficacia: nel 69,9% dei casi viene impiantato un singolo embrione.
Riguardo l’efficacia delle varie tecniche, dai registri europei si apprende che la percentuale di gravidanze avviate dopo Fivet (gli spermatozoi incontrano gli ovuli in provetta) è del 32,8%, poco meno (32%) dopo Icsi (iniezione dello spermatozoo nell’ovulo), del 22,5% da embrioni congelati, mentre sale al 42,2% con la fecondazione eterologa, ossia se sono stati usati ovuli di donatrice, che in genere è giovane. La percentuale di gravidanze avviate cresce col calare dell’età della donna.