Noi donne diventate madri grazie all’utero in affitto

Anna e Laura sono tra le centinaia di italiane che hanno scelto la maternità surrogata, pratica vietata nel nostro Paese, andando all’estero: “E’ stato uno scambio, un regalo. Ci hanno permesso di diventare genitori, usando il seme dei nostri mariti e in un caso l’ovulo di un’altra donna. E noi abbiamo dato loro la possibilità di rendere migliore il futuro dei loro figli”

di CATERINA PASOLINI

“Non ci sentiamo ladre di bambini, sfruttatrici di donne costrette a vendersi per miseria. Latika ed Ekaterina per noi non erano macchine, ma le persone che hanno reso possibile a noi e a nostri mariti la gioia di un figlio che le  malattie ci impedivano di portare in grembo e partorire. E noi, in qualche modo, abbiamo aiutato il futuro dei loro bambini”.

Anna e Laura sono due delle centinaia di donne italiane che hanno scelto la maternità surrogata, pratica vietata nel nostro paese, andando all’estero. E in questi giorni in cui si dibatte sull’utero in affitto, dopo l’appello di ‘Se non ora quando’ che ha spaccato anche il mondo femminista, si sentono messe sotto accusa. Mentre nella stanza accanto i loro figli dormono inconsapevoli delle polemiche, della loro complicata origine.

Quale è la vostra storia?
LAURA: “Ho provato 15 volte la fecondazione assistita senza risultato, rimanevo incinta poi abortivo. Alla fine mi sono ammalata, mi hanno tolto l’utero e per me è stata come la fine di tutto. Avevo così tanto desiderato un figlio che quando ero in rianimazione e ho scoperto di non potere diventare madre ho detto a mio marito: stacca i tubi, meglio morire”.

Come è arrivata a scegliere di andare in India?
ANNA: “Per disperazione. Per anni abbiamo cercato un figlio, fino alla sentenza definitiva che toglieva ogni illusione.  Allora, dopo aver a lungo discusso il lato etico e morale della cosa, abbiamo cominciato a cercare in rete, e lì abbiamo conosciuto altre coppie che si erano recate a Nuova Delhi. Il costo era più abbordabile dell’America, noi siamo due impiegati, ma soprattutto ci hanno rassicurato che non era come altri posti dove le donne venivano sfruttate, allontanate dalle famiglie per mesi, imbrogliate perché non sapevano leggere i contratti.  Quando siamo arrivati a Nova Delhi abbiamo una trovato una clinica moderna, medici efficienti, attenzione, protezione, cura vera verso le madri surrogate. E questo ci ha convinti”.

Come è stato l’incontro con la madre surrogata?
ANNA: “Emozionante. Con mio marito Abbiamo conosciuto Latika, capelli scuri e un grande sorriso, accanto aveva suo marito che fa il conducente di autobus. Abbiamo parlato in inglese di quello che ci aspettava, delle nostre storie, dei motivi che avevano fatto incrociare le nostre vite: lei lo faceva per i suoi due figli, per pagargli un’istruzione superiore. Per tutta la gravidanza abbiamo chiacchierato, comunicato via skype, tenendoci in contatto mentre il desiderio cresceva e si faceva più reale”.

E in Ucraina come è andata?
LAURA: “Io sono arrivata a Kiev dopo tante fecondazioni assistite inutili e operazioni, dopo diversi tentativi di surrogata andati a male in Grecia. In Ucraina abbiamo conosciuto Ekaterina, 26 anni, due bambini che vivevano con lei in un paese in mezzo alla campagna. Una donna forte, serena, convinta, anche lei lo faceva per i suoi figli: con i soldi si è comprata una casa”.

Quanto sono state pagate?
ANNA e LAURA: “Circa settemila euro, trentamila tutta l’organizzazione medica”.

Vi accusano di aver comprato i bambini….
ANNA e LAURA: “No, è stato uno scambio, un regalo. Latika ed Ekaterina ci hanno reso possibile diventare genitori, usando il seme dei nostri mariti e in un caso l’ovulo di un’altra donna. E noi abbiamo dato loro la possibilità di rendere migliore il futuro dei loro figli”.

Non è sfruttamento dei ricchi sui poveri?
LAURA: “Quello purtroppo c’è in tutto il mondo, basti pensare ai minorenni sfruttati nelle fabbriche, alle ragazzine vendute sulle strade senza che nessuno si scandalizzi. Qui almeno c’era un rapporto tra adulti consapevoli, una libera scelta. Io, se fossi stata al posto loro, nella loro situazione, probabilmente avrei fatto la stessa cosa”.

Non ha pensato di trattarle come donna oggetto?
LAURA: “No, anzi, ho fatto di tutto perché ci fosse un rapporto vero, Ekaterina non è mai stata solo un mezzo per realizzare un sogno. Ho passato mesi ad imparare il russo per riuscire a scambiare qualche parola con lei quando ci siamo incontrate”.

Ha rivisto il bebè dopo il parto?
LAURA: “Glieli tolgono appena nati, mi hanno detto che altre donne italiane non glieli fanno più vedere prima di partire. Io no, anzi, Ekaterina mi ha chiesto di fare una foto con lei, di farne della bambina, di mandargliene. Ai figli aveva detto che stava regalando un bambino a una donna che non poteva averne e cosi loro volevano avere notizie. Anche se sapevano che non era una sorella, l’ovulo era infatti di un’altra donna e il seme di mio marito”.

E Latika?
ANNA: “Ha visto il piccolino per il mese che siamo rimasti in india e anche ora che è in Italia, ovviamente via Skype.  Ma non è una rarità, quasi tutte le coppie gay, che comunque sono pochissime rispetto agli eterosessuali, mantengono rapporti con la madre surrogata. Io so solo che quando mio figlio crescerà gli dirò come è venuto al mondo, che parte ha avuto nella sua nascita quella gentile signora indiana che lo ha cresciuto in grembo. E magari lo porterà a Nuova Delhi a conoscere lei e suoi figli”.

E adesso cosa accadrà?
ANNA e LAURA: “Aspettiamo con ansia di avere tutti i documenti in regola, le sentenze che ci dicano che non dobbiamo più avere paura di perdere i nostri bambini. Siamo in tanti, in un mese all’ambasciata di Kiev erano passate almeno 50 coppie italiane che avevano fatto la surrogata”.

Tra loro, seguite dall’avvocato bolognese Giorgio Muccio, anche la coppia che si è vista togliere il bambino dallo stato italiano (nato in Ucraina si era poi scoperto non avere nessuna parentela genetica con i genitori). Nei mesi scorsi il nostro paese è stato condannato a pagare alla coppia 20mila euro per danni morali, ed ha presentato ricorso. La corte europea per i diritti dell’uomo si è riunita ieri pomeriggio per valutare.

Fonte: http://www.repubblica.it/salute/benessere-donna/gravidanza-e-parto/2015/12/09/news/noi_donne_diventate_madri_grazie_all_utero_in_affitto-129137441/