Maternità surrogata: è giusto che il bambino debba conoscere la storia della sua nascita?
Recentemente è sempre in crescita il numero delle donne che non possono rimanere incinte o che subiscono un aborto spontaneo. Una delle soluzioni a questo problema sono le tecniche della riproduzione assistita che tra l’altro da una possibilità di avere un figlio ricorrendo alla maternità surrogata. È una procedura già abbastanza nota e comunemente accettata dagli europei e americani. Nonostante ciò alcune famiglie che hanno dovuto ricorrere a tale trattamento si pongono domande di carattere diverso: cosa deve fare la madre genetica prima del parto e dopo la nascita del bambino che sarà partorito da una madre surrogata? Un altro dubbio è se è necessario conoscere la madre surrogata prima della nascita del bambino e se quest’ultimo deve sapere la storia della propria nascita.
La madre surrogata sa che porta in grembo un bambino estraneo per cui gli psicologi consigliano di non creare un forte legame emotivo con lui ai fini di poter darlo ai genitori genetici senza soffrirne troppo. E purchè questo processo avvenga con le minime perdite da parte della madre surrogata, nella sua mente viene formata la cosidetta “psicologia di rifiuto”. Questa posizione è sviluppata dalla donna per rendere piu’ tranquillo il periodo di gravidanza ed evitare possibili complicanze dopo
Durante lo sviluppo del feto nel corpo dell’altra donna, il bambino sente e reagisce a voci e suoni. Perciò si sconsiglia di rifiutare gli incontri comuni in clinica. Durante le ecografie della madre surrogata i genitori biologici devono essere presenti e partecipare: toccare la pancia della madre surrogata, parlare nella sua presenza e così via. Il bambino sentirà e ricorderà la vostra voce e successivamente la riconoscerà. Gli sarà già familiare il tono e il timbro in quanto li associerà involontariamente al suo passato. La comunicazione con il bambino prima del parto sarebbe opportuno per entrambi i genitori perchè così avviene normalmente durante una gravidanza tradizionale. Oltre al contatto fisico, è necessario fargli sentire anche la voce del padre.
Inoltre, la comunicazione degli aspiranti genitori con il figlio durante la gravidanza surrogata crea una base supplementare per lo sviluppo di sentimenti di paternità e maternità nei genitori genetici, in particolar modo se è il loro primo figlio. In seguito il bimbo nasce, i genitori genetici lo prendono in braccia, ringraziano la madre surrogata e la salutano per sempre. Alcune coppie vogliono dimenticare di aver adottato questa procedura, ma è quasi impossibile cancellare il fattore di esistenza della maternità surrogata nella loro vita. E poi sorge una domanda: ma vale la pena nascondere tutta la storia dal bambino oppure è meglio dirgli tutto com’è? I segreti generano una certa tensione in famiglia. Bisognerebbe prestare tanta attenzione per mantenere sempre ignoto il fatto di aver ricorso alla maternità surrogata. Di conseguenza non rimarebbero piu’ le forze e l’energia per il bambino stesso. Tali bambini di solito sono più inquieti (ovvero ansiosi, timidi, permalosi) e anche un positivo contatto con i genitori a loro risulta piu’ difficile. E come afferma la pratica di consultazione psicologica, le famiglie che hanno segreti riguardanti i figli hanno problemi con il comportamento della loro prole oppure gli ultimi hanno un ritardo mentale. E’ molto piu’ favorevole la situazione in cui la storia della nascita non viene nascosta dal bambino cosicche lui non ci presta molta attenzione. Se i figli adulti vengono a sapere di non essere nativi oppure di avere una particolare situazione della nascita, possono reagire molto bruscamente e qualche volta per loro è perfino traumatico sapere di essere stati quasi ingannati dal silenzio per tutta la loro vita. Per questo motivo è necessario raccontare tutta la storia e preferibilmente nella prima infanzia quando avviene la formazione del mondo interno del bambino. Ciò serve per non farglielo crollare addosso nel momento in cui lo viene a sapere e per non doverlo ricostruire di nuovo basandosi sui fatti diversi da quelli conosciuti da piccolo.
Quindi come raccontare tutto ciò al piccolino? Affinchè lo prendesse come realtà e non come un segreto vergognoso, è indispensabile che tutto raccontino i genitori. Parlatene senza scegliere il momento giusto. Includete le informazioni per inciso nella vita quotidiana con una solita intonazione raccontando del mondo in generale: questo è il sole che sorge e tramonta; questi sono i mari, questi sono i nonni, e questa è la madre surrogata, ma lei non vive con noi; e questi sono mamma e papà. E’ meglio sostituire il nome “madre surrogata” con uno più semplice e comprensibile perché il concetto astratto “surrogata” non è ancora ben chiaro al bambino a quest’età.
Gli psicologi consigliano alle coppie che hanno fatto ricorso al programma di maternità surrogata di includere la donna che ha aiutato loro figlio ad essere nato nel quadro familiare. In ogni famiglia ci sono fotografie o storie che vengono trasmesse alla generazione successiva. Le ultime sono incluse nella storia di famiglia, nel cosidetto albero genealogico. Come suggerisce l’attività di consulenza psicologica, la conoscenza della storia di famiglia influenza in modo positivo il rapporto tra le generazioni e il rapporto tra genitori e figli. Perciò è importante che il bambino sappia informazioni generali sulla donna che l’ha partorito. Si può semplicemente mostrargli la sua foto e i genitori possono raccontarne senza tensione e troppi dettagli, con una intonazione quotidiana: la mamma era malata e ti hanno preso dalla pancia della mamma e poi ti hanno messo nella pancia dell’altra donna. È meglio conoscere la propria storia, soprattutto se è particolare.
Riassumendo le raccomandazioni per gli aspiranti madri e padri, è possibile individuare i seguenti aspetti:
* E’ utile sia per il bambino che per i genitori genetici passare piu’ tempo insieme, parlando con il nascituro e accarezzando la pancia della madre surrogata;
* E’ indispensabile che il bambino partorito dalla madre surrogata sappia la storia della propria nascita altrimenti il segreto potrebbe causare una certa tensione nei rapporti familiari;
* E’ opportuno raccontare al figlio chi l’ha portato in grembo e chi l’ha partorito;
* E’ consigliato includere la figura della madre surrogata nella storia della famiglia sia per il parentato che per la famiglia in particolare. La madre surrogata deve essere vista come una persona che ha aiutato la famiglia a procreare. Basta introdurre soltanto informazioni generali su di lei.