Vietare il ricorso all’utero in affitto all’estero? Un emendamento che non sta in piedi

Un emendamento che non sta né in cielo né in terra. Che “non ha basi normative”, dovrebbe essere “inammissibile”, e qualora diventasse legge “sarebbe subito impugnabile”, “aggredito dai tribunali”. Così, mentre nel Pd divampa la guerra tra laici e cattolici, sulla proposta di modifica al ddl Cirinnà presentata dal senatore Dalla Zuanna (ed altri) che vuole rendere più stringente la pena per chi ricorre all’utero in affitto, anche all’estero (da 3 mesi a due anni, da 6 a 12 anni per chi organizza o favorisce la maternità surrogata), l’avvocata Filomena Gallo, segretaria dell’associazione Luca Coscioni, smonta foglia a foglia i presupposti della modifica proposta. Giusto per capire quanto le polemiche politiche siano in realtà lontane dal merito giuridico: se si accantona per un momento la guerra laici-cattolici, si scopre che in ogni caso di quella proposta non resta in piedi niente, o quasi. Ecco perché.

L’emendamento, per quanto è dato sapere dalle anticipazioni e in assenza di un testo depositato, vuole punire chi ricorre alla maternità surrogata anche se lo fa all’estero, in paesi dove è consentito. E’ possibile?
“No, questo non è possibile. Per una serie di ragioni, si porrebbe in contrasto sia con il diritto internazionale che con la legislazione italiana”.

Cominciamo dal diritto internazionale.
“Dobbiamo intenderci sul genere di reato di cui stiamo parlando. Il ricorso alla maternità surrogata non è un reato universale, come per esempio l’omicidio. Non vale ovunque, non lede i diritti fondamentali della persona. Se, per fare un esempio, io uccido in Olanda, sono perseguibile anche qui. Se io faccio uso di droghe in Olanda, dove è consentito, non posso essere perciò perseguito qui, anche se le leggi italiane sono diverse. Dunque, da questo punto di vista, l’estensione del divieto alla maternità surrogata andrebbe in conflitto con il diritto internazionale. Anche perché nessuna carta stabilisce che il diritto di avere genitori di sesso diverso. Finiremmo di fronte alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Ma una norma del genere crea problemi anche con il nostro ordinamento”.

Perché?
“La nostra legislazione ha una tutela massima per i diritti del bambino, tra cui quello di avere una famiglia. E’ proprio per questo, che i Tribunali da ultimo hanno riconosciuto in vari casi il diritto di adottare, all’interno delle coppie omosessuali: perché è vero che in Italia le coppie omosessuali non possono adottare, come non possono farlo i single, però il diritto del bambino ad avere una famiglia è riconosciuto come più forte di quel divieto. Ma quale è il diritto leso, nel caso di maternità surrogata? E che fine fa il diritto del bambino ad avere una famiglia? Il divieto, e le sue conseguenze, finirebbero per ledere un bene, invece di tutelarlo. Sarebbe per esempio un danno, per il bambino, essere posto in uno stato di adottabilità quando ha già una famiglia, come vorrebbe quella norma. I Tribunali la farebbero a pezzi”.

A quanto è dato capire, l’emendamento prevede però che se il bambino è figlio biologico di uno dei due componenti la coppia, la procura può autorizzare la trascrizione dell’atto di nascita, e insomma dare il via libera nonostante il ricorso all’utero in affitto.
“Ecco, questo punto è paradossale. Non hanno né fantasia, né preparazione giuridica. Perché è chiaro che il bambino sarebbe sempre figlio biologico almeno di uno dei due, no? E allora da questo punto di vista l’emendamento si limita a ricalcare una direttiva che c’è già in Italia, dal 2011. Fu introdotta in un precedente, e vano, tentativo di inasprire il divieto di utero in affitto”.

Cosa prevede quella direttiva?
“In casi di maternità surrogata all’estero, il comune non può effettuare la trascrizione in Italia dell’atto di nascita; deve trasferire gli atti in procura, che apre d’ufficio un procedimento per falso in atto pubblico. Sa come si sono concluse finora queste queste procedure? Con l’archiviazione, e l’iscrizione all’anagrafe”.

Dunque quale sarebbe la differenza, nel caso fosse approvato questo emendamento?
“Che la direttiva sarebbe legge, e sarebbe subito aggredita da qualsiasi tribunale. Perché nessun giudice toglierebbe un bambino alla famiglia che ha già. La differenza sarebbe solo questa: che in mezzo ci sarebbe tanto dolore, per i bambini e per le loro famiglie. Più dolore, nient’altro: questo vogliono introdurre. E si definiscono cattolici”.

I cattolici dicono che, così, si copre “un vuoto normativo”. Lei non ritiene che la maternità surrogata andrebbe regolata meglio, in Italia?
“Ne sono convinta, perché siamo tutti contrari allo sfruttamento delle persone, e peraltro su questo punto la legge 40 è scritta male. Perciò farò in modo di proporre una legge sull’utero in affitto: normiamo tutto. Ma stiamo attenti: perché in Italia la maternità surrogata è già vietata per le coppie eterosessuali, e invece, se si va ad approfondire la battaglia dei cattolici sull’utero in affitto, vien fuori in realtà una difficoltà ad accettare la possibilità che le coppie dello stesso sesso abbiano dei figli.  Lo dicessero chiaramente, che il punto è l’omosessualità di una coppia. Un problema morale: al quale però non corrisponde, non può corrispondere, un reato”.

Fonte http://espresso.repubblica.it/palazzo/2016/01/21/news/vietare-il-ricorso-all-utero-in-affitto-all-estero-un-emendamento-che-non-sta-in-piedi-1.247473