Utero in affitto, “inammissibile vietarne il ricorso all’estero”
A spiegarlo è l’avvocato Filomena Gallo che, in un’intervista a L’Espresso, sottolinea come la modifica proposta dai cattolici dem al ddl Cirinnà «non sta né in cielo né in terra».
Qualche giorno fa, un’ormai famosa famiglia composta da due padri e tre figli – tutti avuti attraverso il ricorso all’utero in affitto in Canada – si chiedeva se c’era il rischio di finire in galera qualora fosse passato l’emendamento proposto dal senatore Dalla Zuanna(ed altri) che voleva rendere più severa la pena per chi ricorre all’utero in affitto (da 3 mesi a due anni, da 6 a 12 anni per chi organizza o favorisce la maternità surrogata), anche all’estero.
A fare un po’ di chiarezza in proposito interviene l’avvocato Gallo, segretaria dell’associazione Luca Coscioni, che spiega come questa proposta di modifica al ddl Cirinnà non abbia assolutamente basi normative e che, qualora diventasse legge, «sarebbe subito impugnabile» dai tribunali.
L’emendamento proposto, infatti, vuole punire chi ricorre alla maternità surrogata anche se, per farlo, va nei paesi dove è consentito dalla legge. E questo non è possibile, perché «si porrebbe in contrasto sia con il diritto internazionale che con la legislazione italiana».
Questo semplicemente perché il ricorso alla maternità surrogata non è un reato universale come lo è, ad esempio, l’omicidio. «Se io uccido in Olanda, sono perseguibile anche qui. Se io faccio uso di droghe in Olanda, dove è consentito, non posso essere perciò perseguito qui, anche se le leggi italiane sono diverse. Dunque, da questo punto di vista, l’estensione del divieto alla maternità surrogata andrebbe in conflitto con il diritto internazionale» spiega in parole povere la Gallo.
In Italia, il ricorso alla maternità surrogata è vietato a tutti, anche alle coppie etero. Ma perseguire qualcuno che vi ricorre andando all’estero farebbe finire il nostro Paese di fronte alla Corte europea dei diritti dell’uomo.
«La nostra legislazione ha una tutela massima per i diritti del bambino, tra cui quello di avere una famiglia. E’ proprio per questo, che i Tribunali da ultimo hanno riconosciuto in vari casi il diritto di adottare, all’interno delle coppie omosessuali: perché è vero che in Italia le coppie omosessuali non possono adottare, come non possono farlo i single, però il diritto del bambino ad avere una famiglia è riconosciuto come più forte di quel divieto».
Ma quale è il diritto leso, nel caso di maternità surrogata? E che fine fa il diritto del bambino ad avere una famiglia? «Il divieto, e le sue conseguenze, finirebbero per ledere un bene, invece di tutelarlo. Sarebbe per esempio un danno, per il bambino, essere posto in uno stato di adottabilità quando ha già una famiglia, come vorrebbe quella norma. I Tribunali la farebbero a pezzi».
Perché il bambino sarebbe comunque figlio biologico di almeno uno dei due genitori. E in Italia, dal 2011, è già prevista una normativa che prevede che «in casi di maternità surrogata all’estero, il comune non può effettuare la trascrizione in Italia dell’atto di nascita; deve trasferire gli atti in procura, che apre d’ufficio un procedimento per falso in atto pubblico. Sa come si sono concluse finora queste queste procedure? Con l’archiviazione, e l’iscrizione all’anagrafe».
Dunque, nel caso fosse approvato questo emendamento, come spiega l’avvocato Gallo, la direttiva sarebbe subito aggredita da qualsiasi tribunale, perché «nessun giudice toglierebbe un bambino alla famiglia che ha già. La differenza sarebbe solo questa: che in mezzo ci sarebbe tanto dolore, per i bambini e per le loro famiglie. Più dolore, nient’altro: questo vogliono introdurre. E si definiscono cattolici».
La soluzione più civile, dunque, sarebbe regolare la maternità surrogata nel nostro Paese con le adeguate norme, proponendo una legge sull’utero in affitto. «Ma stiamo attenti: perché in Italia la maternità surrogata è già vietata per le coppie eterosessuali, e invece, se si va ad approfondire la battaglia dei cattolici sull’utero in affitto, vien fuori in realtà una difficoltà ad accettare la possibilità che le coppie dello stesso sesso abbiano dei figli. Lo dicessero chiaramente, che il punto è l’omosessualità di una coppia. Un problema morale: al quale però non corrisponde, non può corrispondere, un reato».
Fonte http://napoli.repubblica.it/cronaca/2016/01/28/news/coppie_il_20_per_cento_ha_problemi-132222030/