Maternità surrogata, coppia vince con l’esame del Dna
PISA. Lui è il padre biologico. Lei la “madre sociale” che, nell’alba di una sintassi familiare in costruzione, significa che di suo mette solo l’amore per la creatura cresciuta nel grembo di un’altra donna. Loro sono due gemellini venuti al mondo attraverso la maternità surrogata. La coppia lucchese che nel 2015 è rientrata in Italia proveniente da Kiev con due neonati, maschio e femmina, ha rischiato di vedersi portare via i bimbi avuti con l’utero in affitto di una giovane ucraina. La Procura voleva darli in adozione perché nell’istantanea del caso scattata all’aeroporto non riteneva che i piccini fossero i loro figli biologici. Le mezze verità raccontate dalla coppia lucchese alla polizia di frontiera allo scalo di Fiumicino e altre lacune al momento di chiarire il loro stato di famiglia, avevano dato il via alla segnalazione alla Procura per i minorenni di Roma che, per competenza territoriale, l’aveva poi girata a Firenze.
ESAME DEL DNA. L’esame del Dna cui il papà si è sottoposto all’ospedale di Pisa ha, però, certificato il “cinquanta per cento” della genitorialità tradizionale. E anche il contesto familiare, di pieno inserimento sociale, dove i gemellini vivono, ha convinto il Tribunale per i minorenni di Firenze a respingere la richiesta di adottabilità. Per la presidente del Tribunale, Laura Laera «in adesione alle evoluzioni giurisprudenziali europee, figlie di una visione pluralista della famiglia, l’uomo risulta padre biologico dei minori mentre la moglie va considerata “madre sociale” degli stessi, il che va ad ulteriormente confermare l’assenza di stato di abbandono morale e materiale dei minori, seppure nati da un progetto genitoriale parzialmente svincolato dal paradigma naturalistico». In questa prima battaglia la coppia, residente nella Piana lucchese, ha evitato che i due gemellini venissero dati in adozione. Il Tribunale per i minorenni sottolinea che per questa causa «non hanno rilievo né gli esiti di un eventuale procedimento civile per il disconoscimento della maternità, né il procedimento penale per il reato di alterazione di stato civile».
SPERANZA E BUSINESS. La storia della coppia mette infila aspettative di paternità e maternità inseguite e mancate. Delusioni e spese per raggiungere un sogno che, alla fine, si realizza solo grazie all’aiuto, monetizzato, di un’altra persona. Una vicenda privata che diventa simbolo di un percorso a ostacoli dove lo slalom tra le leggi prevede anche l’inciampo di finire davanti ai giudici. Ci sono i soldi di mezzo, certo. A Kiev si trovano cliniche specializzate che mettono a disposizione donne pronte, dietro compenso, a sostituirsi alle aspiranti mamme che non possono avere figli. C’è chi lo chiama turismo procreativo e la voglia di figli fa da moltiplicatore a un business dall’etica controversa. In Ucraina la maternità surrogata (utero in affitto) è consentita se effettuata con almeno il 50 per cento del patrimonio genetico di uno dei genitori. È il caso della coppia lucchese che, dopo diversi tentativi in Italia e in Spagna, ricorrendo alla procreazione medicalmente assistita omologa, all’ennesimo fallimento decide di rivolgersi ai medici ucraini.
LE BUGIE ALLA FRONTIERA. A fine 2014 nascono i due gemellini. E quando la famiglia rientra in Italia da Kiev, la polizia coglie più di una incongruenza nelle dichiarazioni dei genitori. Soprattutto sulle date di ingresso in Ucraina e sulla mancata indicazione della ginecologa che avrebbe dovuto seguire la nascita dei bimbi oltre che sull’assenza di documentazione medica. Avviata la procedura di adottabilità per i neonati, la coppia in Tribunale conferma le bugie a fine di bene e, a sostegno di un’aspirazione coltivata da anni anche con percorsi psicologici, pure i servizi sociali del Comune di residenza descrivono i due come un «nucleo ben inserito socialmente e assistito da una solida rete familiare e di amicizie. L’abitazione nella quale risiedono i due minori risulta idonea alla loro crescita ed al loro benessere psico-fisico e gli stessi sono materialmente seguiti, oltre che dalla coppia, da due baby sitter, mentre a livello sanitario, sono regolarmente monitorati dal pediatria di famiglia». Il bene del minore prima di tutto. Nella sentenza il Tribunale sottolinea un punto fermo, quello del padre biologico, e riconosce un’altra forma di genitorialità, di tipo “sociale”. Il sigillo sul lieto fine della storia arriva anche dalla Corte europea per i diritti dell’uomo, ripresa nella sentenza, secondo la quale «l’esigenza di tutelare l’ordine pubblico non può essere utilizzata in modo automatico, senza prendere in considerazione il miglior interesse del minore e la relazione genitoriale, sia essa biologica o no».
Fonte http://m.iltirreno.gelocal.it/pisa/cronaca/2016/02/11/news/maternita-surrogata-coppia-vince-con-l-esame-del-dna-1.12939510?refresh_ce