Maternità surrogata, un fenomeno reale oltre le polemiche. Ecco dove vanno e quanto pagano le coppie italiane
Sono già migliaia i figli italiani della gestazione-per-altri. Lo Stato più gettonato è l’Ucraina, ma le coppie omo guardano a Canada e Usa
Maternità surrogata, gestazione per altri (Gpa) o, come si dice con linguaggio corrente e connotazione piuttosto negativa, “utero in affitto”. Termini che significano viaggi “della speranza” per coppie infertili, verso il sogno (negato) di diventare genitori. Stati Uniti, Canada, Ucraina, Russia sono solo alcuni dei paesi verso i quali ogni anno centinaia di italiane e italiani si recano per poi tornare in patria con un figlio. La discussione in Parlamento intorno al Ddl sulle unioni civili, ma ancor più la scelta di Nichi Vendola e del compagno Eddy di avere un “erede” attraverso questa pratica, ha portato al centro della cronaca un fenomeno reale, piuttosto consistente, per buona parte sommerso. E per il quale, nella discussione feroce di questi giorni, è stata usata la terminologia più colorita, tanto per usare un eufemismo. Così si è parlato di “mercificazione della vita”, ma anche di “sfruttamento delle donne” e finanche della prefigurazione di “un reato universale da esportare all’estero”. Cerchiamo allora di capire di cosa si tratta.
I viaggi “procreativi” – In Italia la maternità surrogata – per la quale una donna presta il suo utero per portare avanti una gestazione per conto di una donna infertile (per patologie di varia natura) che non può farlo da sé – è proibita dalla legge 40/2004. Così alcune centinaia di coppie ogni anno, per la gran maggioranza eterosessuali e attraverso la mediazione di agenzie (tutte con sito internet in italiano), si recano all’estero per avere un figlio. La pratica della gestazione-per-altri può comprendere anche la donazione dei gameti (ovulo e sperma) a seconda delle condizioni di infertilità. Le mete preferite dalle coppie italiane sono l’Ucraina e, ma solo in seconda battuta, la Russia. Le coppie omosessuali e i single invece viaggiano verso luoghi più lontani come Usa e Canada, dove la Gpa è ammessa ache per loro.
I costi – Il percorso prevede costi decisamente alti che variano a seconda delle legislazioni locali, ma che ci può far dire senza timor di smentita che sia cosa per “ricchi”. E qui il parallelo con la fecondazione eterologa vien da sé: proibita in Italia fino a due anni fa ma praticata all’estero, l’accesso alla donazione di ovulo o sperma era (ed è tutt’ora) consentito solo a chi ha il borsellino abbastanza pieno. Causando nei fatti una discriminazione verso i meno abbienti. Per la pratica della gestazione-per-altri i costi vanno dai 100-150 mila dollari degli Stati Uniti e del Canada, passando per gli 80-115 mila euro della Russia, fino ai 50 mila euro in media dell’Ucraina. I prezzi scendono poi notevolmente se ci si rivolge a paesi come l’India, dove negli anni si è creato un vero e proprio traffico con relativo sfruttamento di donne povere. Tanto che l’attuale governo, nell’obiettivo di arginare il terribile fenomeno, mira a vietare la pratica a coppie straniere. (Nell’immagine che segue, tratta da ilmetropolitano.it, gli Stati in rosso sono quelli dove la pratica è proibita, permessa invece in quelli blu-azzurro-viola)
Chi sono le donatrici – I paesi che la ammettono, in generale, impongono regole che variano dalla donazione pura e semplice (con rimborso spese per la gestante) fino a un vero e proprio compenso, “legato però all’attitudine psicologica e alle condizioni di non indigenza” della gestante. I diversi Stati individuano anche i fruitori: Paesi come l’Ucraina e la Russia consentono solo alle coppie etero e sposate l’accesso alla Gpa. Gli Stati Uniti e il Canada, invece, oltre che alle coppie etero, consentono anche alle coppie omosessuali e ai single (maschi e femmine) di accedere alla maternità surrogata. In questi Stati le regole variano, ma in generale il compenso è affiancato all’atto di liberalità.
Compenso e spirito altruistico – “Anche perché – spiega Ezio Menzione, avvocato specializzato, legale di molte coppie – chi accede alla pratica deve avere la certezza che la ‘surrogata’ conduca con responsabilità la gestazione fino al parto. Mantenendo – aggiunge – uno stile di vita che sia il migliore possibile, relativamente al fumo, ai viaggi e a tutte le attività che possano mettere in pericolo o abbassare la qualità della gravidanza”. E’ per questo, spiega Menzione, che negli Usa le donne che si prestano non sono mai indigenti, il più delle volte hanno già avuto figli e sono ispirate anche da uno spirito altruistico”.
Il contratto in Usa – Negli Stati Uniti, spiega ancora il legale, si tratta di un vero e proprio contratto con il quale le donne che si prestano alla Gpa, assistite da avvocati, si tutelano da ogni evenienza, imponendo regole (per esempio l’indisponibilità ad abortire anche in caso di malformazione del feto) stabilendo l’entità delle spese e il compenso. “Negli Usa una donna riceve fra i 35 mila e i 40 mila dollari – dice Menzione – mentre in Ucraina si parla di 10-12 mila euro”. E’ giusto quindi parlare di sfruttamento? “E’ certo che le donne che lo fanno hanno bisogno di soldi – ammette Menzione -, ma non sono mai indigenti, insomma è una ‘libera scelta’”. E cita un caso emblematico. “Minnesota, 2015: una donatrice querela la coppia ricevente perché ritiene che il compenso non sia congruo e chiede più soldi. Il giudice si fa scrupolo di indagare e scopre che la donante era più ricca della coppia”. Forse questo ci suggerisce riflessioni più ampie.
I figli della “maternità surrogata” – In Italia, stando a numeri approssimativi citati dal legale, i figli della “maternità surrogata” sarebbero almeno un migliaio. Ma fare stime attendibili è impossibile perché, come detto, il fenomeno è per buona parte sommerso: una coppia che accede alla pratica spesso lo tiene nascosto, sia per motivi di accettazione sociale che per motivi legali. “Ho seguito molte coppie, le prime erano omosessuali – dice Menzione – ma posso dire che da noi si parla soprattutto di coniugi etero”. E poi la pratica, se fatta in luoghi dove è legale, non è perseguibile per legge. Gli unici casi finiti davanti al giudice riguardano coppie di ritorno dall’Ucraina.
I problemi legali – E spiega: “Nel caso del Paese dell’Est Europa, i viaggiatori devono passare attraverso l’ambasciata. Qui marito e moglie solitamente dichiarano di aver partorito il figlio nel paese ospite e solitamente l’ambasciata, che ben conosce il fenomeno, presenta un esposto alla Procura italiana perché per i pubblici ministeri la nascita non si dovrebbe trascrivere a nome della donna”, spiega il legale. Come dire che “mater semper certam” e in questo caso la madre indicata non è la partoriente. Il risultato di tutto è che solitamente i giudici convalidano i certificati di nascita che – secondo la legge di quel paese – indicano la coppia come madre e padre. “Ancora una volta i giudici prendono le decisioni più ovvie. Anche qui nell’interesse dei minori”, assicura il legale.
Il caso delle coppie gay – Il problema delle coppie omosessuali è eventualmente quello per entrambi di farsi riconoscere genitori, visto che uno dei due solitamente è padre biologico del bambino. L’altro, se entrasse in vigore la “stepchild adoption”, cioè la possibilità di adottare il figlio del coniuge dello stesso sesso, avrebbe la strada spianata. Ma così in Italia non è. Pertanto, ancora una volta, spetta al giudice. “I tre casi di Torino, Milano e Firenze – dice ancora il legale – hanno portato a un esito positivo”. Tre donne lesbiche hanno potuto adottare i figli biologici delle rispettive compagne e pochi giorni fa, un tribunale di Roma ha deciso per la doppia adozione, cioè ogni donna ha adottato la figlia dell’altra. Insomma, strada tracciata.
Fonte, http://notizie.tiscali.it/permalink/maternita-surrogata-luoghi/