Scelta della tecnica genetica preimpianto: PGD o PGS?
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La PGD è una procedura complementare alla diagnosi prenatale, che ha lo scopo di identificare, negli embrioni ottenuti in vitro da coppie infertili, malattie genetiche che si trasmettono in maniera mendeliana nella famiglia o di individuare alterazioni cromosomiche di numero (definite aneuploidie) o strutturali (in particolare delezioni, duplicazioni, inversioni, traslocazioni). Per coppie a rischio di trasmettere alla prole specifiche malattie genetiche ereditarie, le soluzioni riproduttive alternative alla PGD sarebbero di non procreare, di ricorrere alla donazione di gameti da soggetti sani oppure l’adozione. La PGS è una tecnica che utilizza la tecnologia PGD per esaminare i cromosomi degli embrioni ottenuti in seguito alle procedure di fecondazione in vitro (IVF) allo scopo di migliorare il successo riproduttivo nelle coppie infertili. In particolare vengono esaminate le aneuploidie e le anomalie nella struttura dei cromosomi. In aggiunta a un’attenta valutazione delle caratteristiche morfologiche degli embrioni, i risultati forniti dall’analisi genetica permettono di selezionare i migliori embrioni da trasferire in utero, così da aumentare le possibilità di dare origine a una gravidanza a termine in seguito a trattamenti di fecondazione in vitro [1]. Il materiale su cui viene eseguito l’esame genetico è rappresentato, nei Centri più specializzati, da un certo numero di cellule prelevate al quinto/sesto giorno di coltura in vitro, dunque allo stadio di blastocisti. Il prelievo allo stadio di blastocisti sembra essere più rappresentativo e meno dannoso nei confronti dello sviluppo embrionale a seguito della biopsia. La PGD/PGS si avvale dell’utilizzo di più tecniche molecolari di analisi del DNA, le principali sono: la FISH (ibridazione fluorescente in situ), la qPCR (reazione a catena della polimerasi quantitativa), gli SNP microarray e array CGH (ibridazione per la ricerca di polimorfismi a singolo nucleotide e ibridazione genomica comparativa su microarray) [2,3].
Conclusioni
La combinazione di PGD e PGS aumenta la capacità di selezionare gli embrioni con un elevato potenziale di impianto ed evita allo stesso tempo il trasferimento in utero di embrioni che, sebbene non siano affetti da malattie genetiche monogeniche (che riguardano un solo gene) o riarrangiamenti cromosomici, presentano aneuploidie cromosomiche [4]. Viene dunque minimizzata l’incidenza di gravidanze con feti affetti da anomalie cromosomiche quali la sindrome di Down (trisomia 21), la trisomia 13 e la trisomia 18; viene anche ridotto il tasso di aborto. Una volta identificati mediante le analisi genetiche gli embrioni sani, questi vengono congelati e trasferiti successivamente nell’utero della paziente In seguito all’instaurarsi della gravidanza, sarà possibile effettuare test diagnostici invasivi prenatali e postnatali a conferma dei risultati genetici sulla biopsia embrionale.
Consigli pratici
In conclusione, la PGD è consigliata quando nella coppia esiste un rischio aumentato di trasmettere alla prole una specifica malattia genetica di un singolo gene (es. fibrosi cistica, beta talassemia, emofilia ecc.) o dovuta ad alterazioni cromosomiche strutturali o a mosaicismo cromosomico. È dunque garantita la possibilità di una diagnosi genetica sia alle coppie infertili sia a quelle che non presentano problematiche di fertilità ma che hanno parenti con malattie genetiche o che sono comunque a rischio. La PGS permette invece di migliorare le chance riproduttive delle coppie infertili e l’efficienza dei trattamenti di fecondazione in vitro in generale. È indicata in caso di: età materna avanzata (superiore ai 38 anni), ripetuti fallimenti di impianto embrionale in seguito alle procedure di IVF, abortività ricorrente, mosaicismo cromosomico e infertilità maschile grave.