Perugia, figlio di due mamme: i giudici decidono per la trascrizione
L’atto di nascita del piccolo Joan, un bambino nato grazie alla maternità surrogata, dovrà essere trascritto integralmente presso il comune di Perugia.
Questa è la decisione dei giudici del Tribunale civile perugino, che hanno emesso la sentenza sul ricorso presentato dalle due mamme del bambino. Il sindaco Andrea Romizi, circa un anno fa, si sarebbe in qualche modo opposto rifutandosi di trascrivere il documento in questione. La motivazione presentata era relativa ad una presunta “contrarietà all’ordine pubblico”. La vicenda era finita in consiglio comunale, dove l’opposizione era riuscita a far approvare una mozione per far sì che il sindaco procedesse con la trascrizione.
Il “problema” era derivato dal fatto che la legislazione spagnola prevede sì l’inseminazione eterologa, ma non riconosce l’estensione della cittadinanza mediante quello che viene chiamato “ius soli”. Joan, che ha due mamme nate in Italia con cui vive a Barcellona, non può per legge divenire spagnolo, ma adesso i suoi documenti potranno trovare “residenza” in un’anagrafe del belpaese. Altrimenti il bambino sarebbe stato considerato a tutti gli effetti un apolide senza identità.
La decisione dei giudici, tuttavia, non è stata condivisa da Massimo Gandolfini, che ha rilasciato queste dichiarazioni: “Da Perugia arriva l’ennesima e vergognosa sentenza della giurisprudenza creativa”, ha sottolineato il presidente del Family Day. “Ancora una volta – ha aggiunto – viene negata l’esistenza del padre per via giurisprudenziale e viene implicitamente detto che tutto ciò che consente la scienza è lecito, malgrado la legge 40 vieti l’eterologa ai single e alle coppie dello stesso sesso”. E ancora:”Tutto questo risulta ancora più grave e contrario alla legge italiana, se si considera che, contemporaneamente, le Sezioni Unite della Cassazione stanno trattando un caso simile ma a sessi invertiti – ha sottolineato il neurochirurgo -. Il massimo organo della Suprema Corte deve infatti pronunciare, per la prima volta, una parola definitiva su un caso di bambini ottenuti con utero in affitto all’estero e portati in Italia da una coppia dello stesso sesso”, ha chiosato.
L’associazione che si è occupata del ricorso, in seguito all’emissione della sentenza, ha chiesto le scuse del sindaco Romizi parlando di “crociata discriminatoria”. “Il Comune – ha risposto l’amministrazione comunale mediante una nota stampa – non ha in nessun modo operato con spirito discriminatorio come strumentalmente si vuol far passare, ma gli ufficiali di stato civile si sono attenuti alla normativa vigente ed alle indicazioni espresse sia dalla Prefettura che dal Ministero dell’Interno, analogamente a quanto accaduto in tanti altri Comuni”. Romizi, insomma, avrebbe fatto quanto previsto dalla legge. Entrambe le mamme di Joan, adesso, dovranno risultare nell’atto di nascita.