Maternità surrogata e dignità negata

La notizia riportata in questi giorni dai media, ne ricordo solo alcuni (The Guardian, Il Foglio, Corriere della sera, Avvenire), ha avuto una vasta diffusione. Tiantian è un bambino cinese, nato quattro anni dopo la morte dei genitori biologici (Shen Jie e la moglie Liu Xi) avvenuta pochi giorni prima del trasferimento in utero (embryo transfer) degli embrioni da fecondazione artificiale. Dopo crioconservazione dei quattro embrioni e interventi di tribunali su istanze dei nonni di Tiantian, si è fatto ricorso alla “maternità surrogata” nel vicino Laos. Il parto è poi avvenuto in Cina.

Prevedibile la controversia in ambito bioetico, e non solo, con argomentazioni che spesso hanno sovrapposto impropriamente il destino di “embrioni crioconservati e dichiarati abbandonati” con la liceità, secondo alcuni, di ricorrere alla c.d. maternità surrogata.

Definiamo prima di tutto che cosa si intende per “maternità surrogata” (surrogate motherhood). Cosa non facile perché anche su questo ci sono divergenze.

Secondo Carlo Flamigni il termine “definisce in modo generico quelle gravidanze affrontate da una donna fertile per aiutare un’altra donna o una coppia sterili. Si definiscono complete quelle nelle quali la madre surrogata utilizza il proprio utero e i propri gameti, e incomplete quelle nelle quali accetta nel proprio grembo un embrione che le è del tutto estraneo dal punto di vista genetico. Si distinguono i cosiddetti affitti dell’utero, che prevedono un contratto tra le parti, e i doni del grembo, che sono invece il risultato di un atto oblativo.” Si evince una posizione bioetica chiaramente favorevole per queste ultime.

Posizione diversa quella assunta dal Comitato nazionale per la bioetica (CNB), nella “Mozione sulla maternità surrogata a titolo oneroso”, approvata il 18 marzo 2016. Netta la posizione del Cnb che si è espresso più volte contro la mercificazione del corpo umano (Mozione sulla compravendita di organi a fini di trapianto, 18 giugno 2004; Mozione sulla compravendita di ovociti, 13 luglio 2007; Parere sul traffico illegale di organi umani tra viventi, 23 maggio 2013). In questi documenti il Cnb richiama e fa propri il disposto dell’art. 21 della Convenzione di Oviedo sui diritti umani e la biomedicina (1997): “Il corpo umano e le sue parti non debbono essere, in quanto tali, fonte di profitto”, disposto che, ribadito dall’art. 3 della Carta Europea dei Diritti Fondamentali (2000),costituisce uno dei principi etici dell’Unione europea.

“Il Cnb ricorda che la maternità ‘surrogata è un contratto lesivo della dignità’ della donna e del figlio sottoposto come un oggetto a un atto di cessione. Il Cnb ritiene che tale ipotesi di commercializzazione e di sfruttamento del corpo della donna nelle sue capacità riproduttive, sotto qualsiasi forma di pagamento, esplicita o surrettizia, sia in netto contrasto con i principi bioetici fondamentali.”

Risulta a mio parere che, a fronte di una legittima finalizzazione alla vita di un embrione per la sua intrinseca qualità e dignità umana e personale, non si possa legittimare la surrogazione della maternità nelle sue pur varie tipologie definite anche come utero in affitto o utero in prestito. Che sia fondata su un atto oblativo o che usufruisca di un corrispettivo economico, per quanto motivato come rimborso, risulta indiscutibilmente lesiva della dignità della donna. Ricordo, ancora, il connesso critico aspetto della plurigenitoralità e non ultima la profonda relazione psicologia e affettiva che caratterizza la gravidanza.

Sono questi temi politici che coinvolgono diritti fondamentali. Bisogna avere il coraggio di rilevarli e non accantonarli in un generico sentire: ciò che è tecnicamente possibile è anche accettabile nonché eticamente lecito.

Fonte: https://www.huffingtonpost.it/lucio-romano/maternita-surrogata-dignita-negata_a_23413184/