‘Giungla’ fecondazione, coppie in tribunale contro le Regioni dove si paga
“In molte Regioni, in attesa dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) nazionali, non si sta facendo nulla per le coppie che soffrono di infertilità o hanno necessità di effettuare la diagnosi pre-impianto. Stiamo ricevendo decine e decine di coppie, fornendo informazioni e assistenza legale perché l’unica soluzione rimane quella di rivolgersi al privato, con costi rilevanti”. E molte coppie chiedono di essere rimborsate per quanto hanno dovuto pagare. A spiegarlo all’Adnkronos Salute è Maria Paola Costantini, avvocato e referente Cittadinanzattiva per la Pma .
“In Piemonte e in Veneto, come nel Lazio o in Campania e in Puglia – aggiunge – per le coppie portatrici di gravi malattie genetiche non ci sono strutture pubbliche di riferimento. Per sbloccare questa situazione molte coppie ricorrono in tribunale: una coppia di Venezia, una di Torino e una di Milano hanno cercato invano e sono pendenti i loro ricorsi per avere la diagnosi pre-impianto . Sono poche – prosegue – le Regioni che hanno inserito nel loro sistema sanitario le prestazioni e rimangono in effetti scoperte le regioni del Sud e del Centro, escluse Toscana ed Emilia Romagna”.
“La storia più paradossale – racconta – è quella di una coppia calabrese migrata in Versilia perché nessuna struttura pubblica calabrese eroga la fecondazione in vitro. Dopo un primo tentativo andato male, ritentare vuol dire pagare il costo pieno (2.500 euro) perché da novembre nessuna coppia di altre Regioni potrà più ottenere la Pma a carico della Toscana, senza il nulla osta della Regione di appartenenza. Strumento necessario perché molte Regioni non provvedevano alla compensazione delle spese e perché sempre queste Regioni non avevano inserito le prestazioni nel loro sistema sanitario”.
“Dal 2014 – ricorda il legale – si aspettano i Lea nazionali e intanto coloro che pagano queste disfunzioni sono le coppie, alcune con problemi gravi e basso reddito”.
A novembre, infatti, quella che è stata la Regione apripista sulla Pma e che fino al mese precedente accoglieva migliaia di coppie provenienti da altre Regioni, “si è resa conto di dover intervenire per una questione economica. Ora può accedere alla fecondazione assistita – spiega Costantini – solo chi proviene da una Regione che la prevede nei Lea, oppure in presenza di accordi specifici fra le due Regioni. Ma, ad esempio, nel caso della signora calabrese, a lei converrebbe comunque andare in Toscana, pagando per intero i 2.500 euro previsti (contro un ticket di 500 euro), anziché rivolgersi a una struttura privata”.
Ci sono poi altre Regioni “in cui è previsto un ‘superticket’, come la Sicilia o il Lazio (oltre 2.000 euro)”. Per quanto riguarda le prestazioni eseguite all’estero, grazie alla direttiva sull’assistenza transfrontaliera “è possibile farsi rimborsare la fecondazione assistita fatta in Spagna o altrove, ma anche in questo caso solo se si proviene da Regioni che l’hanno inserita nei Lea. Eppure, se la Corte costituzionale ha riconosciuto un diritto a queste coppie, si dovrebbe avere la possibilità di accesso totale a queste tecniche in tutta Italia. E’ urgente un intervento”, conclude l’avvocato.
Fonte http://www.adnkronos.com/salute/sanita/2015/11/27/giungla-fecondazione-coppie-tribunale-contro-regioni-dove-paga_KjdCofEzaxvK8PEOWMXDcO.html