La coppia di fronte all’esperienza dell’infertilità e della PMA
La genitorialità è senza dubbio un tema che tocca tutti. Riguarda gli adulti che portano con sé l’esperienza da figli con i propri genitori, riguarda chi scopre la gravidanza in modo inaspettato, chi prova a programmare il momento in cui “sarà pronto” per l’arrivo di un bambino, chi ha figli di diversa età, riguarda anche chi, per scelta, dichiara di non volere figli, decisione che inevitabilmente – ad un certo punto della vita – mette di fronte al passare del tempo e al doversi confrontare con la definitività di questa opzione, cercando di comprendere le fondamenta di questo pensiero e la propria risolutezza a riguardo.
C’è però chi scopre di non appartenere a nessuna di queste condizioni e si ritrova a metà strada tra il desiderio e la fatica nel vedere realizzato quel progetto che forse mai – prima di quel momento – si era pensato potesse prendere strade diverse da quella naturale. E’ questo il caso delle tantissime coppie che affrontano la condizione di infertilità o sterilità e che si avvicinano ai percorsi di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA).
Lasciamo ad altri spazi l’approfondimento dei vari tipi e livelli di PMA, così come delle possibili condizioni sottese alla difficoltà di generare, soffermandoci invece sulla descrizione dei vissuti emotivi e sugli aspetti psicologici di chi si trova a intraprendere un percorso di fecondazione assistita.
Cosa succede, quindi, nella mente di una donna o di un uomo nei casi di PMA?
I percorsi di PMA inevitabilmente mettono al centro dell’attenzione la concretezza. Un dispiegarsi di azioni da seguire, protocolli a cui adeguarsi e condizioni da monitorare, occupano la maggior parte dei pensieri, superando o semplicemente mettendo da parte il senso di impotenza e dipendenza che inevitabilmente si vive in relazione al personale medico. Come se all’aver perso il controllo sulla capacità procreativa del proprio corpo, faccia da contraltare, in successione, una prassi che quel controllo lo restituisce a qualcun altro di esterno alla coppia.
Il corpo, e così la mente, della donna e dell’uomo vengono privati della possibilità di concepire nell’intimità del proprio rapporto, ci si sente avvolti da un senso di diversità rispetto a chi circonda la coppia, sensazione che spesso spinge – o verso cui ci si sente spinti – ad isolarsi.Diventa difficile, infatti, spiegare il sentimento di lutto che i partner, e la donna in particolare, possono aver provato nei mesi precedenti la PMA, lutto legato ad un bambino che si è dovuto lasciar andare dal cuore senza che trovasse casa nel corpo, così come può sembrare inutile raccontare la rabbia per una sorta di punizione di cui non si conosce la colpa, o ancora motivare la scarsa autostima e i sentimenti a tratti depressivi che possono derivare dal sentirsi non capaci a generare.
Tutti questi stati emotivi, spesso, non ricevono lo spazio e il tempo adeguato per essere affrontati ed elaborati, riversando la loro influenza sul percorso di PMA e caricandolo di aspettative e timori.
Perché, quindi, intraprendere un percorso di sostegno psicologico è fondamentale prima di iniziare l’iter della PMA?
Perché indipendentemente dall’esito della fecondazione, l’ansia e le preoccupazioni che hanno anticipato l’inizio di questo tragitto hanno bisogno di trovare un luogo in cui sostare, restituendo alla coppia una prospettiva e una distanza adeguata da cui guardare alla loro vita, considerando le possibilità future.
LA PMA, infatti, porta inevitabilmente a due possibili alternative, il fallimento o il successo procreativo.
Nel primo caso è fondamentale che la coppia abbia avuto modo, in precedenza, di esplorare le scelte possibili, in modo che il passaggio successivo risulti facilitato, che sia di tentare ancora o piuttosto abbandonare l’idea di nuovi percorsi di PMA, valutando le possibili progettualità alternative della coppia. Esplorare questi scenari, dedicando loro un tempo adeguato, consente ad entrambi i partner la possibilità di attingere a risorse personali orientate in modo specifico rispetto ai propri bisogni, limitando il senso di disorientamento e sperimentando un reale senso di efficacia nel momento del bisogno.
Nel caso di successo procreativo, invece, molto frequentemente e comprensibilmente la gravidanza viene investita dall’intensa paura di una sua interruzione, dal timore che sia una condizione “a rischio”, o della possibile presenza di problemi per salute del bambino. In questi casi è quindi essenziale accompagnare la coppia all’interno di un percorso che sia in grado di integrare l’esperienza dell’infertilità con quella nuova della genitorialità, ricostruendo insieme a loro questa nuova parte delle loro identità.
Dopo l’estate, a TORINO partirà il primo gruppo di sostegno per donne e coppie infertili. Uno spazio entro cui raccontare la propria storia, confrontandosi con chi sta attraversando difficoltà o sentimenti simili, per ricevere sostegno e orientamento in questa fase delicata della propria vita.