Madonna senza il bambino. La maternità surrogata ossia un bambino estraneo acquistato

E’ possibile mai considerare una famiglia esemplare se non si ha un erede? Fra i membri della comunità mondiale ci sono quelli appartenenti al movimento childfree che volontariamente non vogliono procreare. Tuttavia la maggior parte delle famiglie non immagina la vita senza il sorriso dei figli e l’educazione della nuova generazione. Quando i metodi tradizionali non portano alla gravidanza, le famiglie infertili, essendo persone moderne e piùttosto benestanti, ricorrono all’aiuto della madre surrogata.

Non c’è niente di male nella maternità surrogata, è un aiuto necessario alle persone che vogliono avere un proprio figlio. Bisogna tener presente anche la componente materiale: in questo modo le donne che danno il proprio utero in affitto possono diventare più benestanti e aiutare propria famiglia.

Di solito quando si ricorre alla maternità surrogata ci si trova al cosidetto “punto di non ritorno” nella creazione di una famiglia completa. Questa decisione viene preceduta da anni e anni di tentativi nel migliorare la salute per poter partorire. Le coppie che decidono di far ricorso a tal metodo sono psicologicamente fissate sul desiderio di avere figli geneticamente propri. Oggi il programma di maternità surrogata può esser effettuato con l’uso di materiale genetico dei genitori che hanno problemi con la gestazione di una gravidanza. I dottori uniscono gli spermatozoi del padre e gli ovociti della madre in vitro e trasferiscono l’embrione nell’utero della madre surrogata. Quindi una donna estranea psicologicamente e fisicamente sana, solamente porta avanti la gravidanza e partorisce senza avere alcun legame con il bambino.

Il coinvolgimento della madre surrogata per la nascita del bambino è spiegata dai sostenitori di tale tecnica come aiuto ai genitori infertili. Ma fa che tal aiuto reca danni psicologici alla donna che porta il bambino fino alla nascita e poi lo dà agli sconosciuti? Di regola il programma di maternità surrogata prevede le visite psicologiche, l’interazione con la madre surrogata e la discussione di tutte le domande sorgenti nel corso delle terapie. La madre surrogata deve consentire a registrare il nascituro con il nome e il cognome voluti dai genitori genetici e firmare il rifiuto di pretendere di avere il bambino partorito.

La donna percepisce in modo diverso la sua condizione durante nove mesi di gravidanza. Nella psicologia perinatale si usa individuare alcuni periodi in cui la percezione della donna incinta nei confronti di lei stessa e del mondo circostante subisce delle alterazioni. L’elemento principale che influisce sullo stato emotivo e psicologico della donna durante il periodo di gravidanza è il progesterone, il cosiddetto “ormone di gravidanza”. Sotto la sua influenza fin dall’inizio di gravidanza, a partire dal momento d’attaccamento dell’embrione e dall’inizio del suo sviluppo (indipendentemente dal fatto se è un bambino concepito naturalmente oppure un ovocita fecondato in vitro e trasferito in seguito), l’organismo della donna è sempre attivo al massimo. Il compito del progesterone è coinvolgere tutte le risorse energetiche presenti nell’organismo e potenzialmente sfruttabili nello sviluppo dell’embrione. Il progesterone provvede a proteggere il feto. Occorre ricordare che dal punto di vista d’immunologia la gravidanza è un miracolo perché per l’organismo materno il bambino è un corpo estraneo e la risposta immunitaria piuttosto normale al suo sviluppo sarebbe il rigetto. La lotta del progesterone contro il sistema immunitario spesso si manifesta con una tossicosi precoce: qui la madre surrogata soffre di più rispetto a quando si è incinte del figlio geneticamente proprio.

Nello sviluppo della tossicosi (ovvero della risposta immunitaria di rigetto) il punto positivo per l’organismo è che il feto è geneticamente estraneo alla donna soltanto a metà, invece la madre surrogata porta l’embrione geneticamente estraneo al 100% — afferma un ginecologo. – La reazione di rigetto che normalmente si manifesta con debolezza, perdita di appetito, vomito, perdita di peso, apatia, angoscia, sospettosità, eccitabilità può avvenire con più intensità nell’organismo delle madri surrogate. Avvertiti questi sintomi piùttosto complicati da affrontare, le future madri possono aver paura per la propria salute; a volte possono perfino iniziare a mettere in dubbio le proprie forze e la correttezza della decisione presa.

Il meccanismo fisiologico del processo di gravidanza è invariabile e abbastanza complesso indipendentemente dal fatto se la gravidanza è naturale oppure ottenuta con la PMA. Dopo il periodo della forte tossicosi ne arriva un altro in cui la donna inizia a percepire se stessa come una futura mamma che debba prendere cura del bambino che nel futuro dovrà per forza rifiutare. In questa fase della gravidanza la maternità si manifesta come una luce che non può essere nascosta nel suo interno. La donna fiorisce ed inizia ad irradiare la sua femminilità; comincia ad appassionarsi di tutto ciò che ha a che fare con la gravidanza e pian piano si affeziona al futuro bambino senza accorgersene nemmeno. Nel frattempo i genitori genetici di solito hanno le loro ragioni di come deve vivere la madre surrogata: dov’è meglio partorire, cos’è meglio mangiare, cosa evitare di fare e cosà sarà meglio per loro figlio.

Successivamente viene anche il periodo quando si risveglia l’istinto materno, l’ora quando pensa soltanto alla gravidanza e alla maternità, le altre cose scompaiono dal suo mondo. Bisogna tenere presente che è il periodo quando il bambino si muove e si fa sentire molto nella pancia. Qui giocano un ruolo importante gli ormoni. La donna si sente bene e bella. Pian piano comincia a sentirsi una vera donna incinta e in questo momento nella sua mente si fondono i concetti di “proprio/estraneo”.

Dopo aver sopportato le contrazioni prenatali, il travaglio e il parto stesso, tollerando tutti i dolori e spasmi, la madre surrogata deve rifiutare il bambino. In questo momento alcune madri surrogate possono sentisi distrutte e desolate. Per evitare difficili momenti psicologici, dopo la nascita del bimbo la madre surrogata non ha nessun contatto con esso. Dopo il parto è pronto a intervenire lo psicologo per farle capire le priorità e ricordare in modo gentile cosa prevede il programma e perché la madre surrogata ha partecipato. Senza dubbio una certa difficoltà psicologica ha sempre luogo, ma svolgendo il programma correttamente gli specialisti aiutano ad evitare gravi conseguenze di un concetto così delicato –  maternità surrogata.