Ovaio policistico, tra le cause anche uno squilibrio ormonale
Secondo uno studio pubblicato su Nature Medicine, guidato da un ricercatore italiano, l’infertilità femminile, infatti, potrebbe essere provocata dall’azione di un ormone in eccesso che agisce durante la vita intrauterina
di TINA SIMONIELLO
LA sindrome dell’ovaio policistico, tra le più frequenti cause di infertilità femminile, potrebbe essere provocata dall’esposizione a uno squilibrio ormonale nel corso della vita intrauterina. La scoperta, guidata da Paolo Giacobini directeur de recherche a Lille, in Francia, presso l’Inserm (Istituto Nazionale della Salute e della Ricerca Medica) e pubblicata su Nature Medicine, ha portato all’ipotesi di una stategia di cura che si è dimostrata già efficace nei topi di laboratorio e che – secondo l’auspicio degli autori – entro un paio di anni potrebbe essere sperimentata anche sulle donne.
• IL RUOLO DELL’ORMONE ANTI-MULLERIANO
La sindrome dell’ovaio policistico o Pcos (dall’inglese Poly-Cystic Ovary Syndrome) riguarda fino al 20% della popolazione femminile nel mondo. Tre quarti di chi ne soffre ha difficoltà a rimanere incinta. I sintomi sono un livello più alto di testosterone, la presenza di cisti ovariche, cicli mestruali irregolari e naturalmente difficoltà a rimanere incinta. La causa del disturbo è a oggi ignota. O meglio è stata fino a oggi ignota, visto che secondo lo studio francese a provocare la condizione potrebbe essere un eccesso di esposizione prima della nascita a un ormone prodotto dai follicoli ovarici: l’ormone anti-mulleriano (o Amh, dall’ingleseanti-mullerian hormone).
• UNA PROGRAMMAZIONE PRENATALE
“Siamo partiti dalla considerazione già nota da molti anni, che l’ormone anti-mulleriano è circa 2-3 volte più elevato nelle donne con Pcos rispetto alle donne che non hanno problemi di fertilità – dice Paolo Giacobini – Il nostro studio ha dimostrato che l’Amh resta anormalmente alto nelle donne Pcos anche durante la gravidanza, cosa che non era mai stata studiata fino ad ora”.
Il ricercatore ha quindi spiegato che “partendo da questi dati clinici ci siamo chiesti se l’esposizione in utero a livelli di Amh superiori alla norma potesse essere responsabile o contribuire alla comparsa dell’ovaio policistico nella generazione successiva. In altre parole ci siamo domandati se ci fosse una ‘programmazione prenatale’ della malattia. Allora abbiamo testato la nostra ipotesi su un modello animale, cioè sui topi di laboratorio, e i nostri esperimenti hanno dimostrato che l’esposizione in utero a un eccesso di Amh riduce l’espressione dell’aromatasi, un enzima che converte il testosterone in estrogeni. Una situazione che provoca un accumulo di testosterone nelle femmine durante la gravidanza che sarebbe a sua volta responsabile di una ‘mascolinizzazione’ del cervello dei feti femmina. Le femmine nate da animali trattati con Amh in effetti mostrano le caratteristiche principali del Pcos: hanno problemi di fertilità e di ovulazione. E producono più testosterone di quanto dovrebbero”.
I cento esperti di RSalute: fai la tua domanda allo specialista
• IN FUTURO LA SPERIMENTAZIONE SULLE DONNE
I ricercatori hanno allora pensato di trattate i topi con Pcos con il cetrorelix, un farmaco utilizzato dalle pazienti che si sottopongono alla fecondazione assistita. Dopo il trattamento gli animali hanno smesso di avere i sintomi tipici del disturbo. “Sebbene molto eccitanti, bisogna sottolineare che questi risultati sono stati ottenuti su modelli animali, la cui fisiologia non è perfettamente sovrapponibile a quella umana. Bisognerà dunque validare ulteriormente queste scoperte anche sull’uomo. Nel frattempo ci stiamo muovendo con un gruppo di colleghi clinici in Finlandia e in Francia per avere le autorizzazioni etiche necessarie per poter svolgere un primo studio pilota per un potenziale trial clinico. Speriamo di poterlo effettuare tra il 2019 e il 2020”.