Per tecniche di riproduzione assistita

Per tecniche di riproduzione assistita si intende qualunque metodica che preveda una “manipolazione” o meglio un intervento sui gameti (ovulo e spermatozoo) al fine di indurre una gravidanza

FIVET ovvero fecondazione in vitro (FIV) con trasferimento in utero degli embrioni (ET). È senza dubbio tra le tecniche di riproduzione assistita più utilizzata ed è indicata in molte situazioni: dalla sterilità tubarica severa alla subfertilità maschile, dall’endometriosi alla sterilità immunologica.

È una metodica che da buone probabilità di successo ma non è priva di limiti: è complessa, costosa e comporta scelte di tipo etico. V. Legge 40 

La coppia inizialmente viene sottoposta ad indagini di laboratorio al fine di confermare la diagnosi di sterilità: qualora ci siano i presupposti il medico prospetta la possibilità di ricorrere alla FIVET. In questa fase, se la coppia lo desidera, può affiancarsi al medico anche uno psicologo per aiutare a superare problemi, paure, angosce.

All’inizio la donna non deve fare altro che sottoporsi ad un’iniezione di ormoni, nelle ore e nei giorni prescritti. Dopo alcuni giorni di trattamento domiciliare inizia una fase che richiede la frequenza quotidiana dell’ambulatorio: per 5-10 giorni dovrà sottoporsi ad un prelievo di sangue, al mattino, per stabilire attraverso il dosaggio degli estrogeni la quantità giusta di ormoni da iniettare, e ad un’ecografìa per valutare il numero di follicoli in evoluzione, il loro diametro e la normalità della loro progressione verso la maturità.

La donna dopo il prelievo torna a casa e nel pomeriggio, telefonicamente, le viene comunicato il dosaggio delle gonadotropine. È una pratica fondamentale al fine di stimolare l’ovaio per aumentare la produzione di ovociti (in natura una donna produce un solo ovocita a ciclo).

Quando il medico lo indica, la donna dovrà sottoporsi ad un’iniezione di HCG (l’ormone prodotto dalla gravidanza); inizia una fase delicata: entro 34-36 ore dall’iniezione verranno prelevati gli ovociti per la fecondazione in vitro.

Nella FIVET, infatti, ovociti e spermatozoi vengono fatti incontrare in “provetta” e solo dopo la creazione del pre-embrione verranno reimmessi nella donna.

Entro 36 ore dall’iniezione di HCG la donna viene ricoverata e, in analgesia, sottoposta al prelievo degli ovociti. Si inserisce un sottile ago nella vagina, si raggiunge l’ovaio e si aspira il follicolo. La donna non si accorge di nulla, non avverte dolore e non avrà un ricordo traumatico dell’intervento.

In circa 10-20 minuti tutto è finito. Nel frattempo l’uomo dovrà fornire il liquido seminale. Può essere d’aiuto, nei giorni precedenti, congelare preventivamente un campione di seme in modo da assicurare il buon fine di questa fase della FIVET.

In laboratorio, il seme si prepara in modo tale da essere il più “fecondo” possibile. Ed è a questo punto che si presenta un dilemma etico legato alla FIVET: quante uova fecondare. La decisione verrà presa preventivamente insieme al medico.

Il punto di partenza è semplice: più ovuli si fecondano, più pre-embrioni si creano. Più pre-embrioni si impiantano nell’utero, maggiori saranno le probabilità di avere una gravidanza. Tuttavia, è possibile che ad impiantarsi non sia un solo pre-embrione ma tutti quelli reimmessi nell’utero: non sono rare, infatti, le gravidanze plurigemellari (5%).

Di fronte a queste problematiche, una prima strada è quella della riduzione delle camere gestazionali: si impiantano tutti i pre-embrioni prodotti per poi intervenire in caso di impianti multipli, arrestando lo sviluppo di un certo numero di pre-embrioni che hanno attecchito.

Una manovra non priva di risvolti morali, per molte coppie inaccettabile.

La Società italiana per gli Studi sulla Fertilità e sulla Sterilità (SIFES) consiglia di non trasferire più di tre pre-embrioni nelle donne con meno di 36 anni e quattro nelle donne oltre i 36 anni.

E degli altri cosa farne? Senza dubbio se ne feconda un numero superiore (più di 4) a quello che si andrà ad impiantare scegliendo le uova migliori. Per aumentare le possibilità di successo è possibile, infatti, studiare i pre-embrioni ed impiantare solo quelli considerati “più forti” trascurando quelli con poche possibilità di successo.

Gli altri, purché validi, possono essere congelati (l’autorizzazione deve essere data prima dell’inizio del trattamento) e messi a disposizione del la coppia sia in caso di fallimento della FIVET, sia per gravidanze future. Il nuovo impianto può essere effettuato nel corso di un ciclo spontaneo o artificiale (si somministrano estrogeni e progestinici).

C’è poi un’altra strada, che trova maggiori consensi tra i cattolici, ed è quella del “caso semplice”: si fecondano solo due o tre ovociti e si impiantano in utero tutti i pre-embrioni prodotti. La percentuale di successo, ovviamente, diminuisce poiché non è detto che tutti gli ovociti fecondati diventino pre-embrioni. V. Legge 40 

A questo punto la donna dopo poche ore può tornare a casa: dovrà attendere due giorni prima di sottoporsi al trasferimento in utero dei pre-embrioni. In laboratorio viene tenuto sotto controllo lo sviluppo degli ovociti fecondati e si scelgono (purché la coppia abbia dato l’autorizzazione) quelli da impiantare e quelli da congelare. È un momento delicato e non privo di risvolti difficili: è possibile che nessun ovocita venga fecondato e, di conseguenza, che la FIVET non sia praticabile.

Se tutto va bene, dopo due giorni i pre-embrioni vengono trasferiti in utero attraverso un sottile catetere. È un intervento che non richiede ricovero, è indolore e non invasivo.

A questo punto, se si ha o meno una gravidanza, dipende dalla buona qualità del pre-embrione e dalla corretta maturazione del l’endometrio.

Il primo verdetto grazie ad un esame del sangue dopo un’attesa di circa due settimane: se l’esito è negativo non ci sono speranze, la FIVET ha fallito, se è positivo vuoi dire che si è segnato il primo punto a favore ma è bene non sperare troppo.

Per poter dire con assoluta certezza che la gravidanza è in atto occorre ripetere l’esame una seconda volta (ricordiamo che prima del prelievo degli ovociti la donna viene sottoposta ad un’iniezione a base dell’ormone della gravidanza che resta in circolo per diverso tempo e può in fluenzare il test) ed avere la conferma dall’ecografia.

Sindrome da iperstimolazione

È possibile che la stimola zione ovarica effettuata prima del prelievo degli ovociti possa indurre una sindrome da iperstimolazione di cui abbiamo parlato anche a proposito dell’induzione dell’ovulazione.

Dato che la sindrome dà segni di insorgenza, le strade da percorrere sono diverse: decidere di non prelevare gli ovociti e ricominciare dopo un periodo di attesa un nuovo ciclo; prelevare gli ovociti, fecondarli e congelarli per impiantarli successivamente una volta che la sindrome è scomparsa.

Fecondazione in vitro su cicli spontanei

Se la coppia lo richiede è possibile effettuare fecondazioni in vitro su cicli spontanei. Vale a dire prelevare l’ovocita prodotto naturalmente dalla donna senza che venga sottoposta preventivamente a stimolazione ovarica. Questo risolve il problema della sindrome da iperstimolazione, dello “spreco degli embrioni” e delle gravidanze multiple ma, senza dubbio, abbatte le possibilità di successo. A questo bisogna aggiungere che il prelievo dell’ovocita è più difficile in quanto non è prevedibile il momento in cui è maturo.

Ettore Cittadidini, Carlo Flamigni – Un Figlio, volerlo per poterlo avere – Ed. La Nuova Italia Scientifica

http://www.vitadidonna.it/salute/sterilita/riproduzione-assisitita-la-fivet.html