“Quel bambino per me è un estraneo, io per lui sono solo una portatrice”
Maternità surrogata, fare e partorire il figlio di qualcun altro non fa più scalpore, piuttosto, nella società del 21esimo secolo questa è una situazione banale.
Qualcuno ritiene che la maternità surrogata sia un peccato, un atto immorale, per altri un bambino nato geneticamente è l’unica possibilità di diventare genitori.
Ma cosa pensa la stessa madre surrogata? Karina (nome modificato) è in attesa di un secondo figlio. E presto lo darà ad un’altra famiglia, come il primo, nato secondo la prassi della maternità surrogata. La ventinovenne Karina appare per strada molto ordinaria agli occhi di migliaia di persone. La sua mancanza di soldi l’ha spinta verso la maternità surrogata. Quando nel negozio di cucito dove lavorava Karina correvano tempi morti e lo stipendio del marito non era sufficiente a mantenere una giovane famiglia con un figlio di quattro anni, la ragazza ha deciso di cercare un secondo lavoro.
«Ho letto negli annunci sui giornali: “Clinica della medicina riproduttiva invita le donne a diventare mamme surrogate e portare in grembo un bambino per le famiglie infertili” – racconta Karina. – Lì c’erano i contatti del centro, nonché una dettagliata descrizione del programma e tutti i collegamenti relativi ad esso. Ho compilato il modulo e superato gli accertamenti. Un mese dopo ho ricevuto una chiamata e mi hanno detto che i genitori biologici del bambino che aspettavo erano dei coniugi italiani. Si sono rivolti al centro di Kiev perché più conveniente che altrove in Europa, inoltre, in Ucraina nell’ambito della maternità surrogata le leggi sono più liberali».
La coppia per la quale Karina partorirà un bambino cercava di fare un figlio da molti anni. Ma, durante la loro ultima visita, il medico ha detto: “La vostra unica possibilità di diventare genitori è la maternità surrogata”.
«Abbiamo a lungo pensato e riflettuto su tutti gli aspetti della maternità surrogata – dice la coppia di italiani. – Avevamo un po’ paura, eravamo preoccupati anche per la madre surrogata: era difficile capire come potesse arrivare a dare via un bambino che aveva portato sotto al cuore tutti i nove mesi».
«Quando si trattò di firmare il contratto, fu richiesto il consenso scritto di mio marito – continua Karina. – Lui era sconvolto. In un primo momento non volle nemmeno ascoltarmi. Ma, alla fine dei conti, era d’accordo con la mia opinione: non avremmo mai guadagnato tutti quei soldi in così poco tempo. Inoltre, per tutti i nove mesi sarei potuta restare a casa con la famiglia».
Nel periodo iniziale di partecipazione al programma, Karina e suo marito stavano crescendo il figlio di quattro anni. Al quinto mese, fino a quando la pancia non è diventata molto evidente, hanno mandato il figlio dai suoi genitori in paese per tutta l’estate. In questo modo non era necessario spiegare i dettagli della situazione. Dopo il parto una vicina curiosa, che aveva visto Karina incinta, ha chiesto alla donna cosa avesse partorito: se un maschietto o una femminuccia. Karina ha cercato di non prestare attenzione alle domande di estranei e ai diversi punti di vista, e ha sempre risposto in modo completo e conciso.
Durante l’intero periodo della gravidanza la donna è stata sotto la stretta supervisione di medici, assistenti del centro di riproduzione, dove la madre italiana e la madre ucraina surrogata hanno portato avanti il programma medico.
«Io mi sono attenuta a tutti i punti del contratto: ho consegnato in tempo le analisi, mangiato bene – condivide i ricordi Karina. – Ed ho subito deciso per me stessa: quel bambino era un estraneo per me, che a mia volta per lui ero solo un’incubatrice ».
Dai genitori genetici hanno preso del biomateriale, creato l’embrione in vitro e poi me lo hanno trasferito semplicemente per la gestazione. Quindi per il bambino non provavo alcun sentimento materno.
Nei tempi esatti Karina ha dato con successo alla luce una sana bambina ed ha ottenuto le sue ricompense finanziarie.
La famiglia ha deciso di accumulare questi soldi per l’espansione degli spazi abitativi. E dopo due anni, hanno offerto a Karina di diventare una madre surrogata per la seconda volta. Karina ha accettato senza esitazione. Tutto è andato benissimo la prima volta. Poi è rimasta estremamente commossa da una coppia austriaca. Una donna ucraina, sposata con un austriaco da quarant’anni, che non ha mai avuto la fortuna di provare la gioia della maternità.
«Hanno cercato di realizzare il loro sogno di avere un bambino con due madri surrogate, ma gli embrioni non sono sopravvissuti – racconta Karina. – Quindi con me hanno deciso di cautelarsi e trasferire subito tre embrioni. Ed hanno attecchito tutti! Quando la coppia voleva lasciarli tutti e tre, così da avere dei gemelli, è stato un colpo al cuore. Questo significava rimanere a letto per l’intera gravidanza».
Fortunatamente, i medici sono stati in grado di convincere gli austriaci che portarne avanti tre era un grosso rischio. Così hanno deciso di lasciarne due.
La questione del pagamento per doppia prestazione è stata risolta ancor prima della gravidanza, e in seguito hanno versato a Karina una compensazione per la riduzione (rimozione del terzo embrione).
«L’ultimo mese sono rimasta a letto, a malapena mi reggevo in piedi, era molto difficile camminare – ricorda la madre surrogata. Questa volta ho dovuto dare delle spiegazioni a mia madre, quando ha notato la pancia arrotondata. Non ci ho girato intorno e le ho detto la verità, – dice la donna. – Mia madre si agitò molto. Disse: “Perché attentare alla propria salute?” Io ho cercato di spiegarle di non potermi lamentare della mia salute e di fare una buona azione per le famiglie infertili con il mio aiuto».
Dopo nove mesi, Karina ha partorito tramite taglio cesareo due bambini. Il giorno della dimissione dall’ospedale la coppia austriaca ha voluto scattare una foto anche con la madre surrogata, alla quale era molto grata per tale felicità. Karina ammette di non aver provato affetto materno per i bambini. Lei ha semplicemente sopportato, partorito e poi ha detto addio alla famiglia, che si è trasferita in Austria con i bambini.
«Spero di aver accumulato abbastanza soldi per comprare una nuova casa ed offrire una buona educazione a mio figlio. Molta gente condanna persone come me – ad esempio, dice che siamo capaci di prendere denaro in cambio di un nostro bambino. Ma io capisco che non è il mio bambino. Io ho solo offerto un’accogliente “dimora” per nove mesi e salvezza per i suoi genitori. I soldi ovviamente sono importanti, ma per me è più importante aiutare coppie disperate a diventare genitori», – conclude con sincerità la sua storia di madre surrogata Karina.