Un viaggio meraviglioso verso la vita!
Lo spermatozoo entra nell’ovocita: ecco il faticoso cammino di un manipolo di cellule…
La grande avventura della vita comincia con un viaggio… un viaggio difficile e faticoso: quello dello spermatozoo – l’unico, tra circa 200 milioni di “concorrenti” proiettati nell’apparato genitale femminile a ogni eiaculazione – che, dopo un’impervia risalita, riesce a incontrare l’ovulo nella tuba, luogo del fatale appuntamento.
È solo dopo questo rendez-vous che si può parlare di fecondazione. E proprio all’unione tra ovocita e spermatozoo si riferisce, infatti, il termine zigote, con cui viene chiamato l’embrione umano all’inizio del suo sviluppo. Lo zigote è la cellula primordiale di ogni essere umano, quella in cui compare il Dna proprio del nuovo organismo, formato dall’unione di una metà del genoma della madre e di una metà di quello del padre.
Si inizia con un viaggio, promosso dall’attrazione fatale che l’ovulo esercita nei confronti dello spermatozoo, la straordinaria avventura della vita continua con una traversata: quella che l’uovo fecondato deve affrontare, attraversando la tuba, per arrivare nell’utero.
Quella che segue è la cronaca diretta di questi ed altri eventi, che dal momento della fecondazione portano alla nascita di un nuovo essere umano: i fatidici “nove mesi” della gravidanza, che dura normalmente 40 settimane, se è calcolata a partire dal giorno dell’ultima mestruazione (età gestazionale), ma in realtà 38 settimane, se si considera che la fecondazione avviene circa due settimane dopo l’ultima mestruazione (età concezionale).
Le prima due settimane
Lo spermatozoo che entrerà nell’ovocita per fecondarlo deve avere davvero delle speciali capacità di resistenza: vincendo una gara con milioni e milioni di concorrenti, riesce infatti a portare a compimento un’impresa veramente ardua. La lunga e difficile risalita verso l’utero e la tuba è un viaggio pieno di pericoli, che stronca via via gli spermatozoi meno dotati. Se quelli che vengono deposti in vagina durante il rapporto sessuale sono milioni, i superstiti che attraversano l’utero ed entrano nelle tube sono solo alcune centinaia. Quest’autentica ecatombe dipende da diversi fattori: il muco acido presente in vagina, ad esempio, rende quell’ambiente ostile alla sopravvivenza degli spermatozoi e inoltre non tutti sono costituzionalmente adatti all’impresa. Con tutti quelli che si presentano all’appuntamento con l’ovocita all’interno della tuba, e lo circondano affollandoglisi tutto intorno, solo uno riuscirà a penetrare al suo interno.
Dopo il suo ingresso, la testa del “vincitore” (che contiene i 23 cromosomi che andranno ad unirsi con i 23 contenuti nel nucleo dell’ovocita) si separa dalla coda e si ingrandisce diventando il pronucleo maschile: quello femminile è rappresentato dal nucleo dell’ovocita maturo. L’unione dei due pronuclei, con il conseguente mescolamento dei cromosomi materni e paterni, sancisce la fecondazione e la formazione dello zigote. A questo punto ha inizio un altro avventuroso viaggio, che condurrà l’ovulo fecondato nell’utero. La traversata del “tunnel” della tuba, nel corso della quale la cellula fecondata ripercorre a ritroso la parte finale del tragitto appena compiuto dallo spermatozoo, non è affatto una passeggiata. Rappresenta anzi per l’ovulo fecondato un duro banco di prova: almeno la metà degli ovuli fecondati soccomberà lungo il percorso e dunque, in molti casi, non ci sarà nessuna gravidanza.
Durante questa traversata, l’ovulo si modifica profondamente: si segmenta in unità più piccole che finiscono per costituire una morula, ossia una sorta di “grappolo” di cellule, somigliante al frutto di una mora. Ed è la morula a entrare nell’utero, tre giorni dopo la fecondazione, dove tutto è pronto per accoglierla. Prima che questo avvenga, però, la morula subisce un’altra trasformazione: al suo interno si forma una cavità, che la cambia in una blastocisti. Se la si esamina con attenzione, si vede che questa è costituita in sostanza da tre parti:
- una massa cellulare interna, che darà origine all’embrione e ad alcuni tessuti di sostegno all’embrione stesso;
- una cavità, ripiena di liquido;
- un sottile strato esterno di cellule (il trofoblasto), fondamentale per il nutrimento dell’embrione.
Il “film” della vita, fotogramma per fotogramma, prevede che dallo stadio della blastocisti “libera” nella cavità uterina si passi successivamente a quello della blastocisti che si attacca alla parete dell’utero, cioè alla sede dell’impianto. L’utero, a sua volta, non si lascia trovare impreparato ad accogliere la morulablastocisti: anzi, le cellule che rivestono la parete uterina subiscono delle importanti modificazioni che le rendono adatte a ricevere l’uovo e a provvedere al suo sviluppo.
Ma torniamo alla blastocisti che si sta impiantando nell’accogliente mucosa uterina. L’abbozzo dell’embrione sviluppa rapidamente delle “radici”, ossia delle propaggini cellulari del trofoblasto che si infiltrano nella mucosa uterina; ma è tutto l’abbozzo che finisce per affondare completamente al di sotto delle cellule endometriali. È questa la fase pregravidica dell’endometrio: in pratica, dall’utero arriva all’ovaio un chiaro segnale: l’uovo fecondato è arrivato a destinazione, la gravidanza può cominciare, occorre bloccare la mestruazione.
Le cellule, che nelle prime fasi erano tutte identiche, cominciano a differenziarsi, non si aggregano più come acini di un grappolo, ma si appiattiscono e tendono a disporsi in strati: prima due, poi tre strati di cellule sovrapposte. È su quei “foglietti” di cellule che è iscritto tutto il progetto del futuro individuo. Dal primo strato, più esterno, (ectoderma) si svilupperanno il sistema nervoso, gli organi di senso e gli annessi cutanei (unghie, peli).
Il secondo strato (mesoderma) darà origine all’impalcatura di supporto del corpo (apparato scheletrico, muscoli e tessuti connettivi) e all’apparato urogenitale, al cuore e al sistema circolatorio, alla milza e alle cellule del sangue. Il terzo strato più interno (l’endoderma) è quello da cui prenderanno origine gli organi dell’apparato respiratorio (polmoni) e digerente (stomaco, intestino, fegato, pancreas, ghiandole salivari), oltre alla tiroide e alle paratiroidi.
A 19 giorni di sviluppo, i tre foglietti in evoluzione sono chiaramente distinguibili. La penetrazione delle propaggini del trofoblasto continua, alla ricerca di un preciso obiettivo: il sangue materno. Quando finalmente il traguardo è raggiunto, la parete dei vasi sanguigni della mucosa uterina viene erosa e il sangue materno forma degli stravasi, delle pozze, unite in una specie di labirinto di canali separati tra loro dalle colonne cellulari che costituiscono le propaggini dell’abbozzo embrionale.
Queste ultime si trasformano attraverso tre fasi successive, nei villi coriali, che “pescano” nelle pozze: il sangue che alimenta queste pozze rifluisce poi nel sistema circolatorio della madre. I due sistemi circolatori della madre e dell’embrione restano separati, anche se i villi sono immersi nelle pozze di sangue materno. Nel frattempo la “piscina” piena di liquido formatasi all’interno della blastocisti va ingrandendosi, per far spazio all’embrione che cresce: è l’abbozzo della cavità amniotica. Siamo già nella seconda settimana di sviluppo, ma la futura madre non sa ancora di avere in grembo un embrione.
Laggiù c’è un cuore che batte
È solo nel corso della terza settimana che l’embrione comincia ad assumere una forma più definita: sarebbe visibile anche ad occhio nudo – è lungo 2-3 millimetri – come un corpicciolo ripiegato su se stesso. È in questo periodo che si forma l’abbozzo della futura colonna vertebrale, la notocorda, e quello del sistema nervoso, il tubo neurale. Inoltre, si forma anche un tubo cardiaco, predecessore del cuore, che pompa il sangue.
L’embrione, e poi il feto, vive in apnea, immerso nel liquido, e respira grazie alla placenta materna che gli fornisce l’ossigeno. Alla quarta settimana di sviluppo si distinguono già un capo, una “coda” e un tronco centrale. Compaiono gli abbozzi del fegato, dei reni, dell’occhio. I futuri arti inferiori e superiori cominciano ad evidenziarsi alla fine della quinta settimana, mentre all’interno della testa inizia a prendere forma il cervello. I muscoli iniziano a contrarsi.
Sesta settimana: il corpo embrionale ha le dimensioni di un fagiolo. Il cuore ha ancora solo due camere, ma pulsa a circa 150 battiti al minuto. Gli arti si sono allungati, cominciano a distinguersi le mani e i piedi. Uno strato sottilissimo di pelle ricopre gli occhi, comunque ben visibili. Scompare la coda, la testa si fa sempre più grossa. Si delineano le dita. Siamo alla settima settimana.
Sembianze umane
Alla fine dell’ottava settimana di sviluppo, il feto, rannicchiato, ha il volume di una grossa noce. L’estremità cefalica comincia a separarsi dal torace, e in essa possono distinguersi gli abbozzi del naso, delle orecchie e della mandibola. Gli organi interni sono già tutti in posizione, tranne quelli riproduttivi. Nove settimane dopo la fecondazione termina il periodo embrionale e inizia ufficialmente quello fetale. Tra la nona e la dodicesima settimana il feto assume sembianze umane, ed è capace di muovere tutte le parti del corpo. Le estremità del resto sono articolate nei loro vari segmenti. Il feto fa già delle smorfie, anche se la madre non lo sente ancora. Il cervello è già suddiviso in due emisferi, mentre gli organi genitali vanno chiaramente differenziandosi.
Quando la sedicesima settimana si avvia al termine, il feto ha ormai l’aspetto di un neonato in miniatura. All’inizio della ventesima settimana appaiono la lanugine (i primi peli sul corpo) e i capelli, e la pelle viene ricoperta da una sostanza grassa protettiva, la vernice caseosa. Alla ventunesima settimana il feto ha raggiunto quasi 20 centimetri di lunghezza e pesa circa 250 grammi. L’ecografia ha già da tempo rivelato il sesso del futuro bambino. È alla fine della ventesima settimana, che la madre prova la grande emozione di avvertire i primi movimenti del figlio. A 24 settimane, sebbene stia sempre rannicchiato, il feto è lungo circa 30 centimetri. Reagisce ai suoni sussultando e aumentando il battito cardiaco. Le palpebre, chiuse per la maggior parte della vita fetale, cominciano ad aprirsi intorno alla ventiseiesima settimana. È il periodo di massima attività motoria.
Fino alla trentesima settimana la pelle appare rossastra e raggrinzita. I depositi adiposi che conferiscono al feto un aspetto liscio e paffuto si sviluppano solo nelle ultime settimane. Alla fine della trentaseiesima i polmoni sono pronti a funzionare e le possibilità di sopravvivenza in caso di eventuale parto pre-termine sono buone. Dopo 38 settimane, il feto a termine ha raggiunto una lunghezza oscillante tra i 48 e i 52 centimetri, mentre il peso varia tra 2800 e i 3400 grammi. È ormai pronto per il grande salto: l’ingresso nella vita fuori dal grembo materno!
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