Unioni civili, il Pd tratta, ma niente accordi sull’utero in affitto

“La maternità surrogata non c’entra niente con il provvedimento, è una forzatura”, dicono Cirinnà e Tonini. “Vietarla per le coppie omosessuali sarebbe discriminatorio”, spiega l’avvocato Filomena Gallo. Tra pochi giorni ricomincia il tango in commissione Giustizia al Senato. L’ottimismo impera nel Pd: “Sarà legge entro l’anno”

Unioni civili pronti via, si riparte. Obiettivo, la conclusione entro fine anno, se non salta tutto per aria con la riforma del Senato. Con la disponibilità a trattare, ma non sulla stepchild adoption, che è tra i punti che Renzi ha sempre ritenuto qualificanti di una legge che, almeno per come è fatta sinora, non sembra aver trovato contrarietà nemmeno dalle parti del Quirinale. Trattare sì, ma di certo – avvertono dal Pd – non per una mediazione sul divieto dell’utero in affitto, estratta come una spada dall’Ncd negli ultimi giorni. “La maternità surrogata, o gestazione per altri, non c’entra nulla con il provvedimento che stiamo discutendo”, dice la relatrice Monica Cirinnà; “Mi sembra una forzatura inserirla in questo provvedimento, e onestamente mi sfugge quale possa esserne il contenuto concreto”, aggiunge il senatore cattolico Giorgio Tonini, che pure è fra i pontieri per un accordo.

Grande assente nelle parole del premier al meeting di Rimini (per la delusione dei ciellini) il ddl Cirinnà, su cui ricomincerà a discutere giorno e notte la commissione Giustizia del Senato il 2 settembre, è in realtà già oggetto in questi giorni di una faticosa mediazione, tra l’Ncd e il Pd di Renzi (che vorrebbe uscisse da Palazzo Madama entro il 15 ottobre). Ma prima di provare a muovere un passo, deve affrontare lo scoglio che in questi giorni è emerso come teorico punto di mediazione: “Se trovassimo tutti insieme una norma che vietasse l’utero in affitto, l’intesa sarebbe trovata”, ha dichiarato il senatore Ncd Gaetano Quagliariello. Parole che hanno trovato un’interlocutrice nel Pd, nella senatrice Emma Fattorini, che a un provvedimento contro l’utero in affitto a detto sì: “Troviamo insieme una legge che vieti questa pratica, anche quando viene fatta all’ estero, e troviamo poi l’accordo sulle unioni  civili che riconoscano tutti i diritti alle coppie omosessuali che non facciano ricorso a questa inaccettabile pratica”.

Prodromo di una intesa? Neanche per sogno. Ma prima di arrivare a capire perché, bisogna fare un passo indietro. E chiedersi: cosa c’entra, davvero, la maternità surrogata con le unioni civili? Formalmente, nulla. Lo spiega la segretaria dell’associazione Luca Coscioni Filomena Gallo, che anche come avvocato ha seguito alcuni dei processi che hanno portato allo smantellamento della legge 40 del 2004 che regola la fecondazione assistita: “In Italia vige tutt’ora il divieto di surrogazione di maternità, per le coppie di sesso diverso che sono le uniche a poter accedere alla fecondazione assistita. E’ prevista la reclusione, e multe fino a un milione di euro: quella norma non è stata ancora aggredita da alcuna sentenza”. Il problema, quello che preoccupa l’Ncd ma anche alcuni cattolici del Pd, non è dunque l’Italia, ma l’estero. Spiega ancora Gallo: “In molti paesi la maternità surrogata  è consentita. Per chi rientra in Italia con un bambino nato all’estero, e un certificato di nascita legalizzato, una circolare ministeriale prevede che sia data comunicazione alla Procura: questo per monitorare l’esistenza di eventuali tratte di neonati. Ma gli italiani che vanno là dove la maternità surrogata è consentita, non commettono un illecito: dunque di solito, quando è rispettata la normativa dei Paesi di provenienza, i procedimenti vengono archiviati”.

Questo, dunque, è lo stato dell’arte. Gli italiani che lo vogliono aggirano il divieto rivolgendosi all’estero. E nel novantotto per cento dei casi, come ha specificato la Ncd Eugenia Roccella in un dibattito televisivo, alla cosiddetta “gestazione per altri” ricorrono coppie eterosessuali sterili. Dunque, che c’entra l’utero in affitto con una legge che norma le unioni tra omosessuali? “Niente”, ripete la relatrice Cirinnà: “E poiché il mio testo non tocca in nessun punto la legge 40, tirare in ballo la maternità surrogata è un modo per intortare, confondere, divulgare cattive notizie, e coprire ciò che non sta bene a tanti: disciplinare le unioni omosessuali”. Pur con toni più morbidi, anche Tonini fatica a trovare – come direbbe Crozza – il nesso: “Mi sembra un’operazione strumentale quella di sovraccaricare le unioni civili di questo tema, che ha un impatto emotivo, ma del quale non vedo il contenuto normativo. Fermo restando che maternità surrogata possa essere considerata moralmente riprovevole, e che si voglia contrastarla, bene: ma non ho capito la parte costruttiva di questa istanza. Cioè in pratica come si fa”. Dice Emma Fattorini di avviare una serie di accordi internazionali. “’Vaste programme’, direbbe De Gaulle. Poi, per carità, si può immaginare tutto. Ma che fai, una legge che persegua in Italia per un comportamento che non è perseguito all’estero? E’ una cosa possibile?”.

Per la verità, a spulciare tra gli emendamenti al ddl Cirinnà, che nell’articolo 5 introduce la stepchild adoption estendendo anche alle coppie dell’unione civile la legge 184 del 1983 che disciplina le adozioni, qualche proposta pratica già c’è. Il senatore di Fi Lucio Malan, per dire, propone di vietare l’adozione nei casi in cui il bambino sia stato “sottratto, anche in cambio di denaro o altra utilità, al genitore biologico ovvero alla donna che l ‘ha partorito”, oppure in qualsiasi caso ci si sia “adoperati per privare il figlio dell’altro genitore naturale”. Sono parole che servono appunto a individuare i casi di maternità surrogata, per escluderli dall’adottabilità da parte dell’altro componente della coppia. Ma, ammesso pure che si introducessero limiti del genere, una qualche forma di divieto al ricorso all’utero in affitto sarebbe costituzionale? “Si tratterebbe di divieti molto discriminanti, perché discriminerebbero gli omosessuali uomini rispettto alle donne”, osserva Filomena Gallo: “Difetti nella legge che risulterebbero tanto più evidenti anche visto che l’Italia è  sotto l’occhio della Corte europea dei diritti dell’uomo, che l’ha messa sotto procedura e osserva come sarà fatta la legge. Ma poi, che si vuol fare, un altro provvedimento che si modifica attraverso la trafila dei tribunali?”.

Il problema, peraltro, è normare una situazione esistente. “La maternità surrogata già viene utilizzata, a prescindere dalle unioni civili”, rileva Tonini: “La questione del ddl Cirinnà è se giuridicamente si possa estendere la responsabilità genitoriale al partner, consentendogli ad esempio di continuare a prendersene cura in caso di morte dell’altro. Tutto questo prescinde da come sia nato un bambino.” Dunque, anche in riferimento a emendamenti come quello di Malan, Tonini chiarisce le difficoltà concrete: “A legislazione vigente, quando arriva dall’estero un papà con un bambino la cui madre non intende dichiararsi, come peraltro la legge italiana consente di fare, per l’Italia quel bambino è figlio di quel papà. E allora che si fa? Lo si dà in adozione? Ma quel bambino è nato, ha diritto costituzionale a non essere discriminato in nessun modo per come è nato. E non è un caso che il cardinal Bagnasco, pur avvertendo di non confondere matrimonio e altre unioni, si sia guardato bene dal porre questo problema”. Le coppie omo sposate all’estero e con figli, ricorda Gallo, se vengono in Italia vedono riconosciuta la propria doppia genitorialità. E non si può discriminare tra bambini e bambini, dice pure Monica Cirinnà: “Chi propone delle limitazioni, come fanno Quagliariello o Fattorini, immagina che vietando l’estensione della responsabilità genitoriale all’altro membro della coppia, si dissuaderà dal fare bambini: ma non è questo ciò che accade e che accadrebbe”. Peraltro, introducendo divieti ulteriori solo per le coppie omosessuali e non per le eterosessuali, si cadrebbe in una discriminazione “che porterebbe all’incostituzionalità delle norme”: “Noi non siamo disponibili a fare un testo che verrebbe taglieggiato dalla Corte costituzionale dopo sei mesi”.

Insomma, ce ne è abbastanza per capire che quella sull’utero in affitto è probabilmente un ballon d’essai, quando invece la trattativa politica procede su altri punti. Dice Tonini: “Noi stiamo lavorando per trovare un punto di incontro con l’Ncd, e per la verità venendo cerchiamo di rendere più chiara la distinzione rispetto al matrimonio: risposta che a me sembra più giusta e corretta alle preoccupazioni di Bagnasco,  e che viene incontro anche a quanto ci chiedono le Corti per superare la discriminazione verso gli omosessuali. Andremo avanti, spero con l’Ncd”, conclude. Sicuro, e non è il solo, che comunque avanti la legge andrà. “Con chi ci sta”, come usa dire. Sia che la Commissione giustizia riesca a concludere i lavori in tempi ragionevoli, sia che la legge vada in Aula senza mandato al relatore, come è già accaduto per l’Italicum e la buona scuola. Il vero scoglio del ddl Cirinnà, sussurrano nei corridoi del Pd, non è infatti l’utero in affitto o l’accordo con l’Ncd. Il vero scoglio è, per estraneo che possa sembrare, la riforma del Senato: “Se a Renzi quella partita gli si complica troppo, è lì che nascerebbe la vera difficoltà”, sussurrano. Deduzione politica: il futuro del ddl Cirinnà, più che di maternità surrogate, è anche una questione di date; se va in aula prima della riforma del Senato ha più speranze; altrimenti, ne ha pochine. Ma questo è presto per dirlo, il Parlamento riapre a metà settembre, e solo allora farà i calendari.

 

fonte http://espresso.repubblica.it/palazzo/2015/08/26/news/unioni-civili-il-pd-tratta-ma-niente-accordi-sull-utero-in-affitto-1.226463