Ovulo donato e adozione: la mia lunga strada verso la maternità

La mia storia dell’infertilità non è quella classica, anche se, forse, in questo campo è inopportuno parlare della “classica”. Come diceva un poeta:”Tutte le famiglie felici sono felici ugualmente, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo”. Quando avevo 23 anni mi hanno diagnosticato la disfunzione ovarica e in seguito alla menopausa precoce non potevo avere figli. Mi ero appena sposata e quando è arrivata questa notizia io e mio marito ci sentivamo perplessi e avviliti. La mia diagnosi ci diceva chiaramente che non avrei mai potuto avere figli. A quell’epoca la cura dell’infertilità non era ancora arrivata ai livelli di oggi quindi non potevamo neanche pensare di ricorrere all’aiuto delle tecnologie riproduttive moderne.

Diciasette anni dopo non stiamo crescendo due bellissimi figli che hanno le origini ucraine. Abbiamo adottato Emilia quando aveva solo un anno. Certo che volevamo un figlio che avesse i nostri geni. Però all’epoca i programmi di ovodonazione e FIVET non erano molto conosciuti e, anche se ne avessimo saputo qualcosa, non credo che avremmo intrapreso questa strada a causa delle spese eccessive che comportava. Per cui capivamo che in quel momento per noi l’adozione era l’unica salvezza e una chance per diventare genitori.

Ci siamo rivolti in un orfanotrofio ucraino. C’eravamo precedentemente informati che ci sono molte famiglie europee che vanno in Ucraina per adottare un bambino e portarlo all’estero. Nei paesi europei la procedura di adozione spesso è abbastanza complicata e lunga. Per cui i cittadini spagnoli, italiani, tedeschi, francesi e americani sono fra coloro che adottano di piu’ gli orfani ucraini. In Ucraina tutto il procedimento è piu’ facile a livello burocratico e richiede meno tempo. In piu’, gli orfanotrofi sono aperti alle famiglie straniere in quanto così si spera che i bambini adottati vivranno in una famiglia benestante all’estero. Così ci siamo rivolti all’orfanotrofio “Berezka” a Kiev. Ci tengo a precisare che è un istituto specializzato per la riabilitazione medico-sociale dei bambini orfani con i disturbi al sistema nervoso, maternità nati dalle madri portatrici di AIDS, bambini portatori di AIDS dalla nascita fino a 5 anni. Eravamo consapevoli che questi bambini non sono in buona salute e hanno bisogno di cure particolari. Ma non ci spaventava questo fatto. Appena abbiamo visto Emilia è stato l’amore a prima vista, quindi abbiamo capito che era lei la nostra piccola.

Ci restava solo la parte formale. Abbiamo fatto la domanda ai Servizi di assistenza sociale a cui abbiamo allegato il certificato che attestava la nostra buona salute, i certificati delle analisi psicologiche e tossicologiche, il certificato dell’assenza dei precedenti penali, delle condizione abitative, dei nostri redditi, una copia del certificato del matrimonio. Mentre si sbrigava la pratica di adozione stavamo sempre con la nostra bambina, passavamo del tempo insieme in modo che lei potesse abituarsi a noi. Ricordo che lei era molto tranquilla, piangeva poco. Era molto tenera e sorridente. Emilia era una bambina carina e curiosa, si interessava di tutto e le piaceva apprendere le cose nuove. Quando siamo tornati a casa abbiamo fatto una cura ed ora lei è una bambina sana che talvolta deve fare degli accertamenti medici e assumere alcuni farmaci. La vogliamo bene e lei è diventata un membro della nostra famiglia a tutti effetti.

Quando Emilia ha compiuto 8 anni abbiamo visto alla TV un programma dove si raccontava dettagliatamente dei metodi moderni di medicina riproduttiva e che risultato è possibile avere servendosene. E, con nostra grande sorpresa, nel programma venne menzionata una clinica ucraina di medicina riproduttiva. Qualche giorno dopo avevo ancora questo pensiero in testa e ho deciso di approfondire le nozioni della procreazione medicalmente assistita su internet. Ho letto molte informazioni, visitato una grande quantità dei siti delle cliniche di tutto il mondo ma comunque non riuscivo a capire e crederci. Ho deciso di porre le mie domande direttamente alla clinica e ho scritto una mail alla consulente del centro medico BioTexCom. Questa clinica si trova a Kiev e, siccome abbiamo adottato Emilia proprio lì, ho deciso che era la nostra città fortunata. Dopo un consulto con la coordinatrice della clinica abbiamo preso la decisione di usare un ovulo donato per una FIVET in seguito a cui avrei potuto portare a termine una gravidanza.

Abbiamo preso appuntamento e siamo venuti nel giorno esatto alla clinica di medicina riproduttiva BioTexCom. All’aeroporto ci è venuto a prendere un autista della clinica che ci ha accompagnati al centro medico. Una volta arrivati abbiamo conosciuto la coordinatrice dei programmi che ci ha accompagnati a fare la prima visita dal dottore e a fare degli accertamenti medici, a farla breve lei ci ha aiutati a sentirci a nostro agio in ogni momento del nostro soggiorno. In seguito i dottori hanno eseguito tutti gli esami e mi hanno detto che il mio caso non era molto complicato e che sarei stata in grado di gestare il nostro futuro figlio. Mi hanno prescritto una terapia particolare e ho fatto anche una stimolazione ovarica. Mi sono stati prescritti dei farmaci ormonali che erano stati scelti in base ai valori delle mie analisi per effettuare la terapia di stimolazione sotto il controllo del medico. Inoltre, ho fatto un’ecografia durante la terapia ormonale dove i medici hanno osservato la velocità della possibile maturazione del mio follicolo. Tale stimolazione della mia ovulazione ha impiegato 3 mesi. In seguito mi è stato trasferito un embrione (creato dell’ovulo donato e il liquido seminale di mio marito) e sono rimasta incinta.  Ho partorito con successo un figlio e siamo immensamente felici di essere potuti diventare genitori un’altra volta.

Quindi la nostra storia è a lieto fine oppure è meglio a lieto “inizio” siccome noi guardiamo avanti e già pensiamo come spiegare ad Emilia e Tommaso i loro sfondi genetici diversi e i modi in cui sono arrivati nella nostra famiglia. Oggi siamo leggermenti preoccupati e siamo alla ricerca delle parole giuste per questa conversazione complessa. Però siamo convinti che la scelta migliore è essere aperti, onesti e sinceri e non nascondere la verità alle persone care.

Indubbiamente ogni bambino vuole essere desiderato e apprezzato per come è, vuole sapere di avere una famiglia e persone care che gli staranno sempre vicine e non lo lascieranno nel caso di difficoltà.

I nostri figli non si interesseranno ai fascicoli riguardanti la procedura di adozione o fecondazione in vitro. Penso che l’unica cosa che conta siano i nostri figlio, il nostro regalo piu’ prezioso. È il nostro premio per il nostro forte desiderio di avere e crescere figli.